“Entriamo, leggiamo un documento di protesta, e poi usciamo tutti assieme”. Non sono nemmeno riusciti a seguire le indicazioni del presidente delle Acli Francesco Murru, i gruppi cattolici che oggi hanno abbandonato la Consulta della famiglia del Comune di Bologna. La prima ad andarsene, infuriata per l’ammissione di due associazioni gay nell’organo consultivo comunale, è stata proprio l’ex presidente della Consulta e dirigente del Movimento Cattolico Lavoratori, Anna Tedesco. Per lei meno di 5 minuti di permanenza. Poi la lettura di un documento breve da parte di Fabio Battistini (associazione Club punto Giovani): “Sono state compiute evidenti forzature tecnico-interpretative, per questo ci dimettiamo”.

Subito dopo, l’uscita plateale dei rappresentanti di 12 associazioni della galassia cattolica, tutti contrari all’ammissione nella Consulta bolognese di “Agedo” e “Famiglie Arcobaleno”. “E’ stato violato l’articolo 29 della Costituzione che parla di famiglia naturale fondata sul matrimonio e sono stati forzati i regolamenti comunali, è una vergogna. Noi ce ne andiamo – ha concluso Battistini – ma resteremo uniti e continueremo a farci sentire anche fuori di qui”. Poi l’abbandono di Palazzo D’Accursio tra accuse alla politica e facce infuriate. Con i cattolici schierato anche Tommaso Petrella, consigliere comunale del Pd che sull’argomento è in aperto dissenso col suo partito: “E’ una sconfitta della politica, è stato forzato il regolamento. Adesso la Consulta non c’è più, per me c’è solo un gruppo di persone che si riunisce”.

Parole durissime seguite da altre accuse. “C’era una mediazione per tenere fuori almeno una delle due associazioni gay, ma poi è saltata quando Arcigay e Arcilesbica hanno minacciato di scendere in piazza contro il sindaco”, ha detto Vito Patrono di Famiglie Nuove dei Focolari. Poi è stata la volta di Roberto Nerozzi del Circolo Giulio Pastore: “Agedo e Famiglie arcobaleno non possono stare nella Consulta, ha mai visto due uomini o due donne fare figli? No, serve un uomo e una donna”.

Al di là delle dichiarazioni estemporanee, il nodo dello scontro è rimasto tecnico, e cioè chi doveva accettare o meno le due associazioni gay all’interno della Consulta. Le stesse associazioni che già ne facevano parte, come chiedevano i cattolici dissenzienti, o gli uffici tenici del comune, come ha poi spiegato Pasquale Caviano (Idv), presidente pro tempore della Consulta. Dietro al motivo tecnico però, sono in molti a vederci una scelta politica. “Temo si siano nascosti dietro al regolamento, spero che ci ripensino”, ha detto il consigliere del Pd Francesco Errano. Molto più netta la posizione di Benedetto Zacchiroli, anche lui democratico: “Sono come i farisei, parlano di regole perché hanno paura di entrare nel merito”. Amareggiate le rappresentanti di Agedo e Famiglie Arcobaleno. “La verità – ha spiegato Flavia Madaschi di Agedo, l’associazione dei parenti di uomini e donne omosessuali – è che a loro non andava giù la parola omosessualità, forse senza capirlo ci hanno discriminato, e hanno discriminato i nostri figli alla faccia della carità cristiana”.

Di parere opposto il centro destra. “Il Comune – ha detto Marco Lisei del Pdl – è stato arrogante. Se ci sarà un ricorso al Tar sarà solo una buona notizia”. Agedo e Famiglie Arcobaleno non saranno le uniche associazioni a restare nella Consulta della famiglia del Comune. Con loro altre 12 sigle hanno confermato la propria permanenza.

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