Sono studenti stranieri e in Francia ci sono arrivati con borse di studio promosse dallo stesso governo francese. Hanno frequentato scuole d’élite e sono pronti a entrare nel mondo del lavoro. Un percorso un tempo naturale e che ora è impedito dalla circolare del 31 maggio 2011, firmata dal ministro dell’interno Claude Guéant e dal ministro del lavoro Xavier Bertrand, che intende limitare l’immigrazione dovuta a motivi di lavoro, perché in una situazione di crisi economica, i posti disponibili siano lasciati ai francesi e non concessi a persone straniere.

È questa la giustificazione del governo: “Diritto allo studio”, ha affermato il ministro dell’interno Guéant, che difende con vigore la sua scelta, “non signifca diritto al lavoro e in questo momento storico dobbiamo fare i conti con le risorse che abbiamo. La nostra non è una decisione nuova, stiamo semplicemente riprendendo una legge del 2006: quando in un paese si hanno 2 milioni e 750 mila disoccupati, bisogna sforzarsi di rispondere innazitutto alla domanda interna”.

La strategia è semplice: lo straniero si reca in prefettura per il cambio di statuto da studente a lavoratore salariato (obbligatorio in Francia) e il permesso di soggiorno non viene più approvato.

Gli studenti però, non restano a guardare. “Collectif du 31 mai” è il nome del collettivo che si è formato subito dopo l’emanazione della circolare, per cercare di unire tutti gli studenti stranieri toccati dalla decisione. I più colpiti sono i marocchini (circa 30 000 sarebbero gli interessati), poi tunisini, algerini, ma anche americani e cinesi. Sono persone selezionate che hanno avuto l’opportunità di studiare in università d’élite e che molto spesso, all’uscita da scuola hanno già un lavoro che non possono fare, perché d’un tratto sono diventati clandestini.

“Il problema”, ha affermato una ragazza algerina, membro del collettivo, “è la domanda per il cambio di statuto. Una procedura che prima durava tre settimane e che ora dura mesi, per poi portare ad un rifiuto”. Studenti che dopo sei anni o più di permanenza sul suolo francese, ormai avevano trovato una nuova patria, ma che si vedono chiudere la porta in faccia una volta che si cerca un lavoro. “Non vogliamo rubare l’impiego a nessuno”, ribadiscono i giovani nei loro manifesti, “se abbiamo trovato un lavoro è perché ce lo meritiamo, perché abbiamo investito nell’educazione e superato colloqui e selezioni. La Francia ci ha pagato gli studi, ora con il nostro lavoro e dunque le tasse, vorremmo restituirle il servizio. È uno scandalo quello che sta succedendo”.

Le manifestazioni dal 31 maggio scorso si susseguono e ogni settimana i ragazzi si trovano davanti ad una scuola diversa per far rispettare i loro diritti, tra di loro anche qualche francese con il cartello “se partono loro, parto anch’io”. Il collettivo 31 maggio è molto compatto ed organizzato e uno degli obiettivi che sta portando avanti è quello di censire tutti gli studenti che si trovano costretti a partire, preparando dossier da poter presentare alle autorità. Dalla loro parte anche dirigenti e presidi di alcune delle più grandi università, anche se a mancare sono prese di posizione ufficiali.

La scelta della Francia fa discutere, soprattutto perché a venire colpiti dalla circolare Guéant sono circa poche migliaia di persone, quando in un anno la Francia riceve circa 200 000 immigrati. 30 000 sono i lavoratori stranieri che varcano il confine per cercare lavoro e il governo Sarkozy vorrebbe ridurli a circa 20 000. Se nel 2008 le professioni aperte agli stranieri erano 150, nel 2011 sono state ridotte a 14. “Colpire i lavoratori stranieri qualificati”, ha affermato l’economista Xavier Chojnicki del CEPI e dell’Universita di Lille 2, “è la scelta più facile, ma anche la meno utile. La fetta di lavoratori stranieri è molto piccola rispetto agli immigrati che arrivano per motivi umanitari o di ricongiungimento familiare, però sono anche la fetta meno tutelata o controllata. Il fatto è che quelle menti qualificate sarebbero molto utili per lo Stato francese stesso”.

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