Il sit in davanti la Sigma-tau

Per i circa 1500 tra tecnici, impiegati, operai e informatori scientifici dello stabilimento Sigma-tau di Pomezia, fiore all’occhiello dell’industria farmaceutica made in Italy, il comunicato dell’azienda è stata una doccia fredda. Anzi, gelata. E per di più doppia. Perché le lettere sono due. Nella prima, la proprietà annuncia di avere avviato, tramite l’Unione Industriali di Roma, le procedure per la cassa integrazione straordinaria a zero ore di 569 dipendenti e la dichiarazione dello stato di crisi. Nella seconda, a riprova che non si sta scherzando, si comunica la disdetta di ogni accordo integrativo a partire dal 1° gennaio prossimo venturo. Cioè, tra un mese. La risposta delle maestranze è stata immediata: sciopero di 4 ore oggi nel turno centrale e manifestazione davanti ai cancelli.

Per chi conosca un minimo di storia della società, la sorpresa non è meno grande. Fondata nel 1957 da Claudio Cavazza, imprenditore che ha lasciato il segno nel panorama italiano, non fosse altro che per la sua assidua attenzione alla ricerca cui destinava il 16 per cento del fatturato (673 milioni di euro nel 2010), la Sigma-tau ha ormai varcato la soglia nazionale (acquisendo fra l’altro lo scorso anno l’americana Enzon) tanto da far trapelare, prima dell’estate, l’intenzione di quotarsi in borsa. Negli ultimi anni, nonostante la crisi, la società aveva pagato sempre le stesse cifre ai dipendenti per il premio di partecipazione. Poi, mancato il fondatore a giugno, le redini sono passate nelle mani dei figli. Poco tempo fa, il primo campanello d’allarme con la messa in liquidazione di due gioiellini del gruppo, la Prassis di Settimo Milanese e la Tecnogen di Caserta, 110 dipendenti in tutto, entrambe specializzate in biotecnologie.

I sindacati non sono convinti delle intenzioni dichiarate dell’azienda. “Forse la nuova generazione non ha interesse a traghettare il gruppo lungo il percorso avviato dal padre”, dice Pina Magni del coordinamento Cgil, “pensiamo che vogliano svendere, liberandosi del settore più costoso e più esposto ai rischi, quello della ricerca”. Ricerca che è appunto il core business, insieme alla produzione, dello stabilimento di Pomezia. “Lo sospettiamo sia per la decisione improvvisa, sia perché le altre consociate del gruppo hanno invece ricevuto, a mezza bocca, rassicurazioni sul loro futuro. Non va poi sottovalutata la gravità della disdetta degli accordi aziendali”. Il contratto integrativo Sigma-tau era infatti un buon accordo per i lavoratori, da parte di un’azienda che dichiara, sul sito, a proposito della sua missione, di “essere un sistema imprenditoriale che ha per obiettivo la qualità della vita dell’uomo e la sua salute nel rispetto della centralità della persona”. Il sindacato ha chiesto l’intervento del ministro per lo sviluppo economico. Vedremo se, alla prova del budino, il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, saprà difendere le eccellenze italiane.

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