La crisi e la necessità di trovare nuovi sbocchi commerciali a fronte di un periodo di fatturato più magro sono le ragioni che hanno fatto cadere una ventina di imprenditori di tutta Italia nel raggiro ideato da tre persone, due bolognesi e un forlivese, denunciati a piede libero per associazione a delinquere finalizzata alla truffa.

Da gennaio 2011 all’inizio di novembre il terzetto – nel quale in due avevano precedenti specifici – ha fatto sparire merce (soprattutto generi alimentari, ma anche materiale elettronico e vivaistico, come ulivi) per un importo complessivo di 400 mila euro. Rodato il meccanismo. Il sessantunenne, ritenuto la mente del disegno criminale, si spacciava per ragioniere e contattava aziende disseminate nel Paese (si va dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia). Promettendo il pagamento a 30 giorni, si faceva consegnare i prodotti che poi rivendeva a esercizi commerciali al dettaglio e a ristoranti contando su una serie di elementi.

Intanto, visto il periodo, era probabile che i tempi di pagamento non sarebbero stati rispettati e, mentre i fornitori tentavano di recuperare il credito, i truffatori avrebbero avuto a disposizione un ulteriore margine per agire. Poi sull’apparizione e la sparizione, nell’arco di una quindicina di giorni, delle aziende committenti con sedi legali in casolari abbandonati nelle province dell’Emilia Romagna. Le sedi operative, invece, erano di volta in volta spostate in uffici affittati ad hoc a Bologna e allestiti sempre con gli stessi arredi. Ma concluso l’affare il contratto di locazione veniva disdetto e gli operatori scomparivano. Di loro restavano nomi di aziende che ne richiamavano altre esistenti e molto note (elemento che doveva rassicurare i venditori), numeri di partita Iva e generalità dei legali rappresentanti. Tutti falsi.

A mettere la polizia sulle tracce dei tre è stato a ottobre un imprenditore di Pordenone a cui era stata sottratta merce per 40 mila euro. Rivoltosi alla sua questura, è stato immediatamente indirizzato alla quinta sezione della squadra mobile di Bologna che, coordinata dal pubblico ministero della procura della Repubblica Massimiliano Rossi e agli ordini del sostituto commissario Nicoletta Giuliante, è arrivata a individuare i truffatori. Nel corso delle indagini, è stato possibile trovare molte altre società cadute nella rete degli emiliano romagnoli, alcune delle quali avevano già presentato qualche denuncia contro ignoti ai commissariati o alle stazioni carabinieri locali.

Rimane il nodo del recupero della merce. Se un televisore è stato ritrovato a casa di un cittadino pachistano residente a Forlì, denunciato per ricettazione, il discorso per molto altro materiale è più complicato, trattandosi di beni alimentari e dunque a rapida consumazione. Sta di fatto che le indagini bolognesi hanno consentito di sventare nuove truffe ormai pronte per esempio contro un’azienda di Pesaro che commercializza tartufi e un oleificio di Bari.

Le altre località toccate comprendono Bologna e la provincia, Pescia (Pistoia), Crotone, Paceco (Trapani), Caserta, Ravenna, Rovigo e Benevento. E le indagini proseguono per individuare una serie di persone che ruotavano intorno ai 3 con ruoli minori, per lo più sedicenti commerciali e magazzinieri. Alcuni degli imprenditori truffati sperano ancora di recuperare parte dell’importo della merce sottratta e per tutti c’è un ulteriore problema a cui far fronte: il carico Iva dei prodotti “venduti” che con difficoltà riusciranno a incassare e che comunque devono versare alle casse dello Stato.

Articolo Precedente

A Bologna gli Oscar
per la miglior web tv italiana

next
Articolo Successivo

Parma, Berselli firma la sesta interpellanza contro la Procura: “Indaga solo sul Pdl”

next