Ebbene sì, lo confesso. Sono filogovernativo. Mi piace il governo guidato da Mario Monti, che sotto la scorza “tecnica” nasconde forse il più alto tasso di “politica” (quella vera) tra gli esecutivi che si sono succeduti negli ultimi anni. Mi piacciono i ministri e mi piace lo stile, mi piace il programma e mi piace lo “spirito” di impegno nazionale con cui è nato.

Pensate alle prime pagine di un mese fa. Pensate al bunga bunga e alle leggi ad personam, alle peripezie di Scilipoti e ai ricatti dei frondisti dell’ultim’ora, alle squallide intercettazioni e ai mostruosi conflitti di interessi che plasmavano l’azione del governo Berlusconi. Ripensateci e gustatevi la differenza.

Certo, questo non significa che si debba assistere supini a questo anno e mezzo di legislatura. Né che si debba ingoiare tutto, che tutto vada bene “perché c’è Monti”.

Ma, a proposito di conflitto di interessi, davvero è giusto considerare l’essere stato consulente di Brunetta o l’essere marito del capo di gabinetto di Schifani o l’essere un avvocato di successo o l’aver fatto il consulente per qualche multinazionale un “vulnus” pari all’orrore istituzionale, poltico e culturale rappresentato da Silvio Berlusconi? Non scherziamo. Anche perché così si finisce per depotenziare l’abnormità del berlusconismo, l’unicum che ha rappresentato nel nostro paese e nell’Occidente intero.

Non ne vale la pena, anche per non sprecare subito il più grande regalo che questo governo ci ha fatto: recuperare il diritto a sperare che le cose possano andare un po’ meglio, e che la nostra vita pubblica non debba necessariamente essere una corsa verso il baratro.

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