Ci sono momenti in cui perdo ogni speranza riguardo all’Italia e agli italiani. Anche quando Berlusconi non è il presidente del Consiglio, succede di imbattersi nella famosa “pancia” dell’italiano medio, quella responsabile di aver messo al potere gente come lui, Calderoli, Giovanardi, Bossi per un ventennio.

Ho incontrato la pancia dell’italiano medio anche oggi, mentre leggevo i commenti dei lettori su un giornale teoricamente non di chiaro orientamento partitico come Il Messaggero di Roma, la mia città. La notizia a cui i commenti si riferivano è una di quelle che, nella mia ingenua immaginazione, dovrebbe trovare d’accordo il 90% delle persone: Napolitano ha definitoun’assurdità e una follia che dei bambini nati in Italia [da immigrati in Italia, ndr] non diventino italiani. Non viene riconosciuto loro un diritto fondamentale.

Davanti a una simile dichiarazione, io mi aspetto che la grandissima maggioranza dei commenti di un giornale come Il Messaggero condivida il punto di vista del Quirinale. E’ un’ingiustizia assurda che chi nasce in Italia da immigrati regolari rimanga privo di cittadinanza italiana fino al compimento dei 10+3 anni, punto. E’ un’ingiustizia assurda che chi arrivi in Italia da neonato, e trascorra tutta la sua vita su suolo italiano, debba attendere 18+3 anni per chiedere (non è detto ottenere) la cittadinanza italiana, punto. Interminabili anni di attesa, in certi casi di apolidismo (la condizione di chi non è cittadino di nessun Paese; in questi casi l’attesa per la cittadinanza italiana si riduce a 5+3 anni: sempre troppi). Una situazione che, stando al rapporto Honohan del 2009, l’Italia condivide con Paesi del calibro di Bulgaria, Grecia, Romania, Slovenia: non proprio la crema del pluralismo interno.

E invece la maggior parte dei commentatori attacca l’esternazione di Napolitano perché sono spaventati dall’idea di far diventare italiani delle persone che, in alcuni casi, hanno un colore della pelle non mediterraneo. Pensano che questi bambini toglieranno diritti a sé e ai propri bambini (che spesso non si hanno, perché oggi molte coppie italiane preferiscono così). Non pensano all’apporto di ricchezza, anche economica, ma culturale e civile che invece questi nuovi italiani assicureranno alla nuova Italia multirazziale del 2020 o del 2030.

E’ finito il tempo del mondo immobile, in cui le nazioni si potevano dividere fra chi attuava un puro Ius Sanguinis (il diritto del sangue, o della discendenza: chi nasce da cittadini di uno Stato, anche all’estero, diventa automaticamente cittadino dello stesso Stato del padre e della madre) e chi attuava un puro Ius Soli (il diritto del suolo: chi nasce sul territorio di uno Stato ne acquista automaticamente la cittadinanza alla nascita).

Già da qualche anno diversi Paesi europei, tra cui la stessa Italia, prevedono forme miste di Ius Sanguinis e Ius Soli, con il riconoscimento della cittadinanza a chi nasce sul proprio territorio ma non dal giorno della nascita. A volte è prima necessario attendere un ragionevolmente breve lasso di tempo – pochi anni di residenza permanente – oppure passare un esame di lingua e cultura del Paese in cui si è nati, cosa che si può prevedere non prima che la persona sia giunta in età pre-scolare o scolare. In questo senso va la proposta di Legge Sarubbi-Granata del 2009, che dimezza i 10+3 anni oggi necessari per ottenere la cittadinanza italiana, e sottopone il diritto alla cittadinanza al superamento di un esame di lingua e a un giuramento di fedeltà alla Repubblica.

Va da sé che questo sistema misto, oggi diffuso in diversi paesi europei, è solo una transizione dallo Ius Sanguinis verso lo Ius Soli. E’ assai probabile che in mancanza di guerre mondiali e di regressioni reazionarie (eventualità che non mi sento affatto di escludere, intendiamoci, ma almeno me lo auguro) tutti i Paesi andranno verso un sempre più netto Ius Soli. Lo ha fatto perfino l’Italia della Gelmini, come ricorda Ainis in un articolo del 2010 sulla Stampa. Solo così gli italiani che avranno lavorato una vita potranno continuare ad avere uno stato sociale benestante e ricco, con servizi e pensioni pagate anche dalle tasse dei nuovi cittadini. L’idea di costruire un muro (legislativo e forse reale) attorno ai propri confini può forse riuscire a nazioni i cui confini sono naturalmente ostici da valicare, penso alla Svizzera, ma non a chi è conformato come una penisola in mezzo al mare che fu nostrum, e che da due millenni nostrum non è più.

Non so se la Lega Nord, il partito più xenofobo dello scacchiere italico, tornerà al potere. Ma se vorrà difendere lo Ius Sanguinis italiano o padano, sarà bene che metta in programma il prosciugamento del Mediterraneo e l’arresto della Globalizzazione. O l’annessione alla Svizzera, se riescono a convincere gli elvetici ad abrogare il loro Ius Sanguinis…

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