Antonio MarrasQuesta volta non parlerò di una campagna pubblicitaria per un motivo preciso: ricamarci sopra considerazioni sociologiche, semiotiche, filosofiche, serve solo ad attribuirle un valore che non ha. Quindi, questo è un non-articolo. Quantomeno appropriato per una non-campagna fatta da non-pubblicitari.

Entriamo nel merito. Nel primo soggetto si vede Ratzinger e l’Imam del Cairo che si baciano. Si prosegue con Barak Obama che bacia Hu Jintao, Abbas che bacia Netanyahu, e così via. Questa “big idea” nasce da uno sforzo collettivo di Fabrica (The Benetton Group Communications Research Center) sigla che riunisce giovani designer, fotografi e creativi della moda e della comunicazione sociale. E dopo tutto questo spremimento di cervella che cosa ha partorito la montagna? Un topolino che mima malamente le campagne Benetton di una volta. Oliviero Toscani si è arrabbiato parecchio, e non posso dargli tutti i torti.

Unica novità, da un punto di vista tecnico, è l’introduzione del guerrilla marketing. Qui potete vedere l’azione eseguita in varie città del mondo, sullo stile degli assalti di Greenpeace. Novità introdotta forse anche da considerazioni di carattere economico: di questi tempi, il metodo del “lancia il sasso e scappa” costa meno delle affissioni. Ma la parte più furba dell’operazione è nel giustificare questa bambinata facendola firmare addirittura da una fondazione. L’immagine istituzionale incute soggezione e consente di affrontare meglio le inevitabili critiche (prima c’era Toscani a fare da scudo, adesso non c’è più). Dice: «Oh, hai visto? C’è dietro una fondazione! Allora è una cosa seria!»

A questo punto, però, un pubblicitario di vecchia scuola si chiederebbe «Ma chi è che parla? La fondazione o il marchio commerciale?» Perché oltre alla firma della fondazione Unhate c’è anche la firma di Benetton che non ha affatto una mission umanitaria ma quella di vendere abbigliamento. E qui Benetton si auto-traveste da sponsor. Il nome “Unhate”, a sua volta, è un invito simile a un generico “volemose bene”. L’inutilità di questa comunicazione risulta evidente se si considera che la pubblicità non modifica i comportamenti: credere che dopo l’esposizione al messaggio la gente reagisca pavlovianamente è un’illusione che continuano ad avere solo i commercianti, non certo chi s’intende di strategie di marketing.

Ma, maledizione, mi rendo conto solo ora di non aver resistito alla tentazione di parlare di questa campagna mentre mi ero ripromesso di non farlo. E va bene, allora diciamo quello che nessuno ha ancora detto: probabilmente si tratta di un doppio plagio. Molti di voi ricorderanno il prete e la suora di Toscani che si baciavano in un’affissione di molti anni fa. Ma se non ve lo ricordate non fa niente. Possiamo rimediare con un fantastico, spettacolare, e probabilissimo plagio, di un’opera di Antonio Marras esposta quest’anno al Padiglione Italia della Biennale di molto antecedente alla campagna di Fabrica e intitolata “Il perdono”.

Ora, se i creativi hanno copiato, ciò denota un’assoluta mancanza d’idee per un istituto interamente dedicato alla creatività, istituto che porta tra l’altro un nome roboante: The Benetton Group Communications Research Center. C’è un abisso fra tutti loro messi insieme e il talento di un creativo come Marras, capace di passare indifferentemente dalla moda al design all’arredamento, all’arte. Se invece si tratta di una tragica fatalità, trovo ugualmente scandalosa l’imperizia di questi futuri professionisti che prima di far uscire qualcosa non verificano se per caso esista già.

L’Italia ha più che mai bisogno di idee. Smettiamola di giocare.

Post scriptum: le sorprese non finiscono mai. Subito dopo aver scoperto il secondo plagio dopo quello della suora e del prete di Toscani, giunge notizia di un’imminente azione legale da parte di “The Firm” agenzia di pubblicità cilena che nel 2006 aveva realizzato una campagna per SugaFor, azienda produttrice di dolcificanti, in cui si vedeva Bush che baciava Chavez. La campagna fu ampiamente segnalata dalla stampa internazionale e quindi è impossibile che i nostri non l’abbiano vista. Questa volta sembra proprio che Benetton abbia battuto tutti i record con un triplo plagio!

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