Mancano due settimane esatte del debutto del tour mondiale di Paul McCartney a Bologna. E il capoluogo emiliano, anzi Casalecchio di Reno con la sua Unipol Arena, ringrazia. Così il baronetto si concede a curiosi e fan con qualche parola in più sul suo presente e futuro: non tanto come cantante solista, quanto su come protrarre la memoria storica di quei Beatles che quasi 50 anni fa (ottobre 1962) incisero il loro vero primo singolo, Love me do.

“Con Ringo e Barbara ci vediamo spesso. Sono molto amici anche di mia moglie: qualche volta parliamo di musica, qualche volta suoniamo qualcosa”, ha spiegato McCartney, “Per cui chissà, non è detto che in futuro non possa succedere che ci venga di incidere qualcosa in studio. E’ possibile. In fondo Ringo mi piace molto come batterista, mi è sempre piaciuto”.

L’apertura non del tutto inattesa all’ex batterista del quartetto di Liverpool, da parte di colui che risulta essere il vero boss delle royalties di Let it be, significa sicuramente un prossimo rilancio della premiata ditta Beatles senza più John e George. Curioso infatti che a riarrangiare le melodie beatlesiane insieme a McCartney sia rimasto l’ultimo arrivato, Ringo Starr.

Richard Starkey divenne Ringo (da “ring”, gli anelli che portava) Starr (dagli Starr Time, gli assoli di batteria che eseguiva a ogni concerto prima dei Beatles) nel 1960 quando ancora stava negli Hurricanes e quando lo conobbero Paul e John. Poi la rocambolesca cacciata del batterista Pete Best, il 16 agosto del ’62, perché, si racconta, non aveva mai sposato il senso dell’umorismo del gruppo e portava ancora una pettinatura terribilmente anni cinquanta (almeno così si racconta nel bel libro a fumetti Il piccolo libro dei Beatles, edito da Blackvelvet). Così Ringo comincia a fare rima con bingo. Starr e la sua ciocca di capelli bianchi (anche lui a detta di Lennon dovette rivedere la sua acconciatura) è l’ultima rifinitura prima del successo mondiale che inizia nel ’63 e prima che dei capelli a caschetto da paggio e le giacchette senza collo di Douglas Millings.

In Italia il quartetto Lennon-McCartney-Harrison-Starr venne soltanto per un breve tour dal 24 al 28 giugno del 1965 con tre tappe (il velodromo Vigorelli a Milano, il Palasport di Genova e il Teatro Adriano di Roma) dove non registrarono nemmeno il tutto esaurito. McCartney ebbe poi modo rifarsi da solista con le due tappe romane del Back in the world tour il 10 e l’11 maggio del 2003: come sfondo il Colosseo, una prima sera a pagamento con 300 persone e la seconda, memorabile e gratuita, con 500mila spettatori.

“Quando mi è stata proposta l’Italia per iniziare il nuovo tour ho detto che gradivo molto l’idea. Dell’Italia mi piace tutto. E’ la formula perfetta”, ha spiegato McCartney, “Non amo dirlo prima, altrimenti leverei alla gente il gusto della sorpresa, ma fin dal primo concerto a Bologna ci saranno molte canzoni Beatles, alcune degli Wings e alcuni pezzi nuovi. Diciamo che sarà un rock’n’roll party”.

Quello che comincia il 26 novembre a Bologna e che proseguirà il 27 a Milano, non dovrebbe essere l’ultimo tour del musicista: “Spero proprio di no. Gira spesso questa voce ogni volta che mi metto a girare. Da una parte è naturale, vista l’età, ma credo capiti soprattutto perché gli organizzatori, non in Italia s’intende, mettono in giro la voce per essere sicuri che la gente venga allo show”.

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