Non farò nomi e cognomi perché me ne manca il coraggio.

Ma solo per fare qualche esempio – anche se, insisto, non farò nomi e cognomi – se alzate lo sguardo con me, vedrete difensori delle biodiversità che si fanno complici di un contenitore mono-marchio con ambizioni mangia-aziende che apparentemente introduce il verbo del mangiar sano, ma praticamente occupa territori per affari assolutamente leciti, ma lontanissimi dall’eticità sbandierata con la complicità di incompetenti amministrazioni che abboccano per vanitosa visibilità. Monomarchio che nel mangiarsi le aziende uccide, e non preserva, le biodiversità artigiane legate alle competenze dei singoli. Biodiversità dei gesti concreti del fare che vengono inglobate in scaffali luminescenti di una grande distribuzione mascherando la persa qualità altrui.

Non farò nomi, perché me ne manca il coraggio, dei giornalisti che, rubacchiando idee, si organizzano, come minimo, permanenze alberghiere e ristorative in fantastiche situazioni per scrivere 200 righe su pagine nazionali. Mensili, settimanali, quotidiani, ormai occupati da conformistici format editoriali, lontanissimi dall’idea di un giornalismo capace di indicare e premiare l’inconsueto, il particolare, la vita delle mille preziose “storie italiane” del diffuso settore dell’accoglienza. Un settore così necessario alla nostra economia.

Non farò i nomi perché ho paura di essere additato, da destra e da sinistra, come un infame, dicendo nel mio “chiacchericcio da bar”, che quasi tutte le macchine amministrative del nostro paese sono invase dalle incompetenze, mai sottoposte a vera formazione, di parenti assunti dal politico di turno ma ancor peggio dai familiari dei vari soggetti che compongono i corpi elettorali.

Non ho verità, ma credo di sapere come, riconoscendo affettuosi obbiettivi di vita quotidiana, si possa praticare la strada collettiva della ricerca della qualità della nostra vita.

Non farò i nomi, perché me ne manca il coraggio e perché non li conosco personalmente, degli evidenti spacciatori delle violentissima cocaina che invadono il mio quartiere. Ma vorrei che cantanti, musicisti, attori, conduttori televisivi e radiofonici, cuochi, politici, insomma tutti facessero sincere dichiarazioni a riguardo. Vorrei che chi ne fa uso, si ritirasse a vita silenziosa e privata, lontanissimi ad esempio da ogni supporto mediatico, per riflettere sul danno procurato e se e agli altri.

Non farò i nomi, perché “tengo famiglia”, dei sistemi bancari che chiudono gli occhi sugli improbabili ed enormi incassi della malavita organizzata che ricicla le proprie economie infiltrando la ristorazione alta, media e bassa, i bar sotto casa, le farmacie delle nostre città, e più in generale i mercati ortofrutticoli di tutt’Italia.

Non farò i nomi ma vedo tutto quello che non vorrei vedere. E non sono il solo, ovviamente.

Vorrei che chi con più coraggio già agisce sul produrre informazione onesta, si concentrasse anche sul particolare delle nostre vite quotidiane, ormai rattristate definitivamente dall’ineluttabilità del vedere rinascere parametri di buone pratiche etiche, dove l’orecchio addormenta l’anima con tristi frasi ripetute e ripetute, dove chi ha più anni indica a i più giovani l’unica lapidaria possibilità: andar via da questo paese senza speranza.

Non farò i nomi, ma io vi conosco. Non comunicherò con voi, ma con tutti gli altri, questa consolatoria ricetta per una minestrina anti paura. Frullate carote nella medesima acqua di cottura insieme a qualche cipolla più un piccolo pizzicotto di noce moscata e di polvere di chiodo di garofano. Grattugiateci poi una scorza di limone e cuoceteci una dose di semolino, aggiungendo noce di burro e dose massiccia di buon olio. In stagione, quando frullate, aggiungete basilico e sempre e comunque un po’ di prezzemolo, facendo così un affettuosissimo e rincuorante semolino, dove all’ultimo amalgamerete abbondante parmigiano.

Varianti con un po’ di lesso avanzato, o sostituendo l’acqua a un buon brodo, o aggiungendo un tuorlo d’uovo, o un romaiolino di ragù avanzato, o come della rossa pomarola. Di stagione, stupefacente del buon pesto.
Avanzato il giorno dopo, pasticciare tipo gnocchi con burro e altro parmigiano per poi gratinarlo.

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