Amore, passione, sentimenti. Ma anche tanta politica. Michele Placido, poco prima di entrare in scena sul palco del Teatro di Crevalcore in provincia di Bologna per lo spettacolo Todo el amor, rischiara la voce a suon di strofe di Neruda e discetta lucido di crisi di governo.

Nella piccola e graziosa platea crevalcorese almeno centoventi persone attendono lo spettacolo che vede Placido in tour per mezza Italia. “Ogni sera Todo el amor diventa qualcos’altro, dipende dalla serata, dal paese in cui mi trovo. Alla base stanno la poesia, il tango e la musica, poi io ci metto la mia storia, i miei racconti: potrei parlare del delitto Moro come recitare Pirandello”.

Poi in scena Placido scivolerà magistralmente tra Eduardo De Filippo, Gozzano, Dante, Piove di D’Annunzio e L’uomo dal fiore in bocca di Pirandello, ma intanto la crisi del teatro in Italia si fa sempre più pressante: “Andiamo incontro ad un periodo di ulteriore stretta economica e già in Italia la cultura è maltrattata più di ogni altro paese europeo. In Francia o Germania il teatro di un piccolo paese come Crevalcore riesce a produrre in autonomia grandi spettacoli e li esporta nel resto della nazione”.

Nulla contro la superba bomboniera ottocentesca della bassa bolognese, il problema è più strutturale: “Il teatro è sempre stato assistito, ha sempre avuto mecenati privati o pubblici, da solo non si può mantenere. Capisco il momento di crisi, ma lo Stato deve continuare a dare finanziamenti al teatro e alla cultura, come li dà per settori primari come gli ospedali o la scuola. Poi certo, capisco la rabbia dei cittadini. L’ira di quella ragazza, l’altro giorno a Genova che contestava il sindaco chiedendole perché spendeva 50mila euro per la notte bianca o non per ristrutturare la città. Ma in fondo una cifra così incide poco su cosa non si è fatto a Genova per evitare il disastro. Parliamo di milioni di euro per fare dei lavori, soldi che si sono mangiati i politici votati da noi”.

Così le dimissioni dell’uomo più votato d’Italia, almeno fino a martedì scorso, entra prepotentemente nella discussione: “Diciassette anni di Berlusconi? Davvero così tanti? Accidenti, siamo stati così coglioni? Forse ho usato un termine troppo volgare, ma che termini potremmo usare per chi ci rappresenta in parlamento e che a prescindere dall’essere di destra o sinistra abbiamo votato?”

“Stiamo attenti, però, Berlusconi ci tenderà un’altra trappola”, continua l’attore pugliese, “Bisogna vigilare moltissimo: come si è comprato Bossi e Fini, poi Fini si è rotto i coglioni, potrebbe comprarsene altri. Lì dentro son tutti corrotti, il più pulito ha la rogna. So, per sentito dire che lui dava 500mila euro nette e una villa ad Antigua per chi gli votava la fiducia in Parlamento”.

Un Berlusconi che fa ancora paura: “L’unica persona che può veramente spiazzarlo è Napolitano. Non come figura etica, ma come rappresentante di tutti noi. La nomina di Monti a senatore a vita è giusta e poi potrebbe succedere qualcosa. Per me succederà che Monti fa un governo tecnico, poi la sinistra finisce all’opposizione, si strangola e litiga come l’ultima volta che ha governato, e ridanno il governo nelle mani di Berlusconi”.

“Da martedì scorso ha comunque perso la faccia e potrebbe diventare pericoloso”, chiosa Placido, “perché il popolo in questi anni è stato un po’ coglione ma non fino alla fine e potrebbe succedere qualcosa di molto grave. Quando dal governo parlano di terrorismo non vedono che è un punto di esasperazione in cui i giovani possono cadere. Potrebbero fare un gesto folle e antidemocratico e di questo il nostro paese dovrebbe stare attento”.

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