Dolcetto e “pugni in faccia”, Bossi scatenato contro i giornalisti. La festa di Halloween in salsa padana ha come di consueto una cornice piacentina con il leader della Lega in pellegrinaggio a Pecorara, cittadella sui monti in provincia di Piacenza. Ma questo è un Halloween particolare per la Lega, con l’Italia sull’orlo del baratro economico e il governo alle strette sui conti pubblici.

Ma la risposta alla crisi, l’Umberto, ce l’ha al solito in tasca ed è il prendere le distanze dal sud, arto malato da amputare visto che “noi coglioni del nord siamo stanchi di pagare e tacere“.

I simpatizzanti leghisti, con piatti di tortelli alla zucca tra le mani, circondano quindi il proprio leader sventolando bandiere di partito e dei Cobas. A fianco al Senatur sul palco allestito sotto i tendoni del centro sportivo, anche il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Ed è proprio a lui che Bossi si rivolge quando si tratta di tasse. “Qui pagano troppe tasse – lamenta Bossi tra gli applausi – il tutto per tenere in vita il pubblico impiego del sud sulle spalle del nord“.

Ed è  un ritorno alle origini, quello del leghista, che per questo comizio punta tutto sullo scaricare il sud Italia “che si prende gli stipendi a scapito delle pensioni sottratte al nord”. E per unificare il Paese, è l’opinione di Bossi, “non basta mica un tricolore, questo Paese non può durare cosi'” con “il nord che è la prima forza industriale con noi coglioni che paghiamo” ed un sud “che dà poco e riceve troppo“.

“Gabbie previdenziali” è quindi la ricetta di Bossi “per riuscire a portare a casa il risultato” di un fisco “più equo, perché noi del nord siamo stanchi di pagare e tacere e andare a picco”.

Ma, è  lo stesso Bossi che lo confida, “sarà dura andare a picco se teniamo duro fino a che saremo liberi”. Liberi dal sud, “un grido che fa tremare quei coglionazzi di Roma” ma anche dai giornalisti “che lavorano per il sistema”. Il popolo di Bossi scandisce quindi le parole del leader a suon di “federalismo” e “secessione” mentre il Senatur scalda la platea: “Nessuno può  fermare i popoli, vedete cosa è successo a Gheddafi – intima il leghista- ma il federalismo non basta, servono gabbie previdenziali per ottenere quel che si paga”.

Bossi torna quindi al suo leit motiv nordista e il clima è quello della campagna elettorale vera e propria, visto che si parla già di “cabine elettorali nelle quali dovete fare il segnetto sul guerriero“.

Il tutto, senza dare tanto ascolto ai giornalisti, “perché questi scrivono sulla mia famiglia e prima o poi vi spacchiamo la faccia o vi denunciamo”. Metà del comizio di Bossi, infatti, è  dedicato ai giornalisti con un duro attacco ai mezzi di informazione “che lavorano per il sistema e ci rompono i coglioni”. “La gente – sostiene il Senatur – ne ha piene le scatole dei giornalisti e dopo – avverte – arriva il momento della rabbia“. Gli operatori dell’informazione sono quindi rei di “inventarsi un sacco di storie” ma denunciarli sarebbe vano, “perché tanto i magistrati li assolvono”.

L’invito all’attenzione di Bossi passa quindi per la minaccia visto che “la Padania può diventare incontenibile”. Una Padania autosufficiente” e se a Roma avessero ascoltato Bossi – sostiene il governatore del Piemonte, Roberto Cota, anche lui alla festa leghista – ora non saremmo in questa situazione economica”.

Ma il tempo a disposizione per il comizio è terminato: ora cinghiale e polenta e pianobar con canzoni di Bennato. Prima di un consiglio del superministro Tremonti sull’economia: “E’ arrivato il momento di mettere il pane al posto degli agnelli e gli uomini al posto dei lupi”.

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