People mover puntata 6.120. Come Beautiful, come una soap opera infinita, è andato oggi in onda un nuovo episodio della saga interminabile della navetta monorotaia che dalla stazione ferroviaria di Bologna dovrebbe catapultarci in aeroporto in sette minuti al prezzo di circa sette euro. Dovrebbe, perché i tempi si allungano ancora. L’assessore alla mobilità del Comune, Andrea Colombo, ha infatti riferito davanti ai consiglieri che la giunta attende dal concessionario dell’opera (la società Marconi express costituita al 75 % dal Ccc, il Consorzio cooperative costruzioni) ulteriori documenti e materiali per dare la propria approvazione al progetto esecutivo. L’approvazione sarebbe dovuta arrivare a metà settembre, ora, se tutto va bene, giungerà a novembre. Si tratta di normali chiarimenti tecnici richiesti da Palazzo d’Accursio, spiegano dalla società concessionaria.

Non è però l’unico dato emerso oggi dalle stanze di Palazzo d’Accursio, sede del municipio bolognese. Rimane infatti ancora un mistero quali siano (e se realmente ci siano) i soggetti che dovrebbero entrare a far parte della compagine azionaria di Marconi express. Fondi d’investimento? Società italiane, straniere? Tutto è avvolto da una fitta nebbia. Da diverse settimane infatti, anche dopo un’inchiesta di giugno de ilfattoquotidiano.it, al centro delle contestazioni non è più soltanto l’opera in sé (ideata nel 2005 dalla giunta di Sergio Cofferati), ma soprattutto l’impianto economico e la composizione della società di progetto creata ad hoc per costruire e poi gestire il mezzo di trasporto.

Ma andiamo con ordine. Nel gennaio 2010 il Ccc, che nel 2009 si era aggiudicato l’appalto per il People mover, crea la società di progetto Marconi Express, che, secondo il contratto di concessione diventa automaticamente il solo concessionario. Marconi Express è una spa partecipata al 75% dal Ccc, e al 25% da Atc, l’azienda degli autobus bolognesi. Quest’ultima è una società a partecipazione totalmente pubblica e il Comune di Bologna ne è il maggiore azionista.

Secondo punto. L’appalto del People mover è di circa 90 milioni: 30 milioni verranno finanziati da Regione e Sab (la società dell’aeroporto), mentre per la parte restante, circa 60 milioni, il Comune ha bandito una gara in project financing. Questo sistema prevede che il Comune, senza mettere un soldo di tasca propria, affidi a un’azienda privata la costruzione e la gestione dell’impianto. La società concessionaria, oltre a costruire, gestirà per 35 anni l’opera recuperando le spese di costruzione con gli incassi dei biglietti. Inizialmente, l’aggiudicatario che ha vinto l’appalto era il solo Ccc, ma da febbraio 2010, con la creazione di Marconi Express anche Atc è entrata nella gestione al 25 %. I patti, vigenti mentre scriviamo, prevedono che entro il 2020 Atc rilevi il 100 % delle azioni di Marconi Express, accollandosi tutti i rischi e i debiti con le banche. Le coop usciranno dall’affare, e in questo modo Atc, che appartiene al Comune, diventerà concessionario unico di se stesso e per di più in project financing. Partendo da questo paradosso la magistratura, contabile e ordinaria, ha aperto un’inchiesta dal 2010 (quella della procura della Repubblica è  per abuso d’ufficio a carico d’ignoti).

Ora la nuova giunta Merola prova a correre ai ripari per sanare questo paradosso e ha chiesto che il Ccc rimanga più a lungo nella società e che nuovi soggetti, possibilmente privati, entrino nella Marconi express, per alleviare il carico di responsabilità di Atc, troppo rischioso per il Comune.

Ccc, compreso che lo scandalo stava montando e pressato da Palazzo d’Accursio sembra avere iniziato a rivedere quei patti societari. Due giorni fa in una intervista al Resto del Carlino, la presidente della Marconi Express (nonché dirigente del Ccc) Rita Finzi, ha detto che si stanno rivalutando le percentuali azionarie e che il Ccc potrebbe rimanere più a lungo senza uscire dai giochi nel 2020, come era previsto finora. “Vediamo che, intorno a questo punto, c’è molta tensione – ha detto la Finzi al quotidiano bolognese – Per cercare di attenuare questa tensione, insieme con il Comune stiamo prendendo in esame l’ipotesi di rimanere nella società”.

Solo ipotesi dunque. Ma il dubbio rimane su chi siano le società che potrebbero arrivare. Si mormora di BolognaFiere, (ma torneremmo sempre a parlare di un soggetto a maggioranza pubblica), oppure della società di gestione dell’aeroporto, la Sab, che intanto già da tempo ha stanziato 3 milioni di euro per la costruzione della stazione people mover in aeroporto. Negli uffici dello scalo bolognese tuttavia c’è il massimo riserbo su un possibile maggiore coinvolgimento nell’affare: i contatti non si sa neppure se ultimamente ci siano stati.

A incuriosire è però un’altra frase pronunciata dall’ingegner Finzi in quella intervista, una frase già sentita altre volte nelle ultime settimane: “Abbiamo ricevuto dichiarazioni di interesse da parte di un paio di fondi di private equity, cui stiamo presentando il progetto. Investire è il loro mestiere, e sono molto attenti al rendimento”, ha spiegato Rita Finzi.

Ma di che si tratta? Il private equity è un’attività finanziaria nella quale un investitore istituzionale rileva quote di una società obiettivo (in questo caso la Marconi Express) sia acquisendo azioni esistenti da terzi, sia sottoscrivendo azioni di nuova emissione apportandovi nuovi capitali. “Il loro interesse – spiega Finzi – è partecipare all’equity, cioè diventare azionisti di una società che faccia rendere l’investimento fatto”.

Ma sui nomi di questi fondi c’è il massimo riserbo. Sono italiani, stranieri? Sono magari cinesi o italo-cinesi? Oggi qualcuno in commissione comunale si è addirittura chiesto se la storia dei contatti con questi fondi e con altre società sia vera. Di certo c’è che – come dichiarato oggi dall’assessore Colombo – anche se l’opera partirà coi lavori a gennaio nessuno, nemmeno da Marconi Express, garantisce che per quella data si sarà rischiarato il futuro della gestione dell’opera che costa 100 milioni di euro.

Intanto le opposizioni in Comune cantano vittoria. A esultare è soprattutto il Movimento 5 stelle: “Do atto a questa giunta del bagno di umiltà e delle dichiarazioni di buonsenso che si stanno trovando sulla questione della compagine azionaria”, ha dichiarato il consigliere grillino Massimo Bugani, che chiede una sospensiva delle procedure per fare chiarezza fino in fondo. Una chiarezza che forse non interessa qualcun altro: “Se aspettiamo che il quadro sia tutto chiaro le opere non si faranno più”, ha detto il consigliere comunale del Pd, Tommaso Petrella. Evviva la sincerità.

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