Dopo la grandinata di declassamenti sul debito sovrano e sulle banche italiane, nemmeno se Berlusconi e Tremonti compissero in diretta Mondovisione il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, questo governo riuscirebbe a ristabilire un modicum di credibilità interna ed esterna. Berlusconi da tempo non affronta un impegno internazionale di rilievo (nemmeno con Putin, sotto le cui ali si è rifugiato, erano previsti incontri ufficiali) per evitare imbarazzi. Tremonti, quando non può sottrarsi, è accolto da un gelo che trattiene lo sdegno.

In Europa e nel mondo è convinzione unanime che se questa parodia di governo rimane al potere il disastro, non solo per l’Italia, è inevitabile. Ma Berlusconi è abbarbicato a Palazzo Chigi, atterrito dall’alternativa a S. Vittore, e vagheggia una nuova Forza che cavalchi “l’antipolitica”. Dopo le comunali a Milano, è un sintomo del desiderio puerile di estraniarsi dalla realtà e di dedicarsi all’unico trastullo (a pagamento) rimastogli, da cui il nome scelto per il nuovo partito.

Scardinare questo tragico arroccamento di un uomo disperato e dei suoi pretoriani è il problema principale in Europa e tra i G20 perché una bancarotta dell’Italia fatalmente sarebbe il chiodo che si stacca dalla parete di roccia. Nel precipizio finirebbe tutta la cordata delle economie maggiori. Su questo sfondo vanno collegati quattro eventi apparentemente disgiunti della scorsa settimana: a) la pubblicazione della lettera delle Bce; b) l’attacco di Napolitano alla Lega; c) gli affondi di Confindustria e Della Valle (che oggi trova un epigono); d) la valanga di firme sul referendum.

Partiamo da quest’ultimo, perché innesca la reazione a catena. Una volta sfilato il coltello per sgozzare il Porcellum calderoliano, per quasi tutti i Responsabili, molti voltagabbana, nonché gli/le olgettini/e, si profilano rischi altissimi. Le preferenze vanno conquistate una ad una. Occorrono appoggi e soldi, non basta più il volere del boss. I posti sulle scialuppe di salvataggio dal relitto berlusconiano saranno costosi.

Le organizzazioni che hanno sottoscritto i 5 punti e i cui membri sono strozzati da 400 punti base di spread hanno le disponibilità e gli appoggi che farebbero comodo ai naufraghi. Ma le contrattazioni stanno per chiudersi. E in giro ci sono blocchi di voti, da Micciché a Scajola, da Pisanu ai Responsabili (mica crederete che si immoleranno nel bunker?). Nei distretti industriali del Nord deputati e senatori sono stati contattati. Inclusi quelli della Lega, che alle prossime elezioni saranno decimati per i voti in favore di Milanese e Romano, e la cui fedeltà a Bossi si è esaurita. Napolitano però è stato chiaro. Accessi alla scialuppa ed eccessi di qualsiasi tipo non sono compatibili. Chi si ostina a gridare “Padania” insieme a Bossi ne seguirà il destino. Avrete notato come sono di colpo mansueti i sindaci dall’eloquio ruvido? E il congresso in quel di Varese a cosa prelude? Quando le scialuppe sono poche, i legami di amicizia ne soffrono.

La lettera della Bce è stata definita quasi un programma di governo. Il “quasi” è ridondante. Quando verrà sfiduciato Berlusconi inizierà una fase rischiosissima, con un periodo di incerta durata per trovare un accordo tra schegge impazzite del Pdl, attuali opposizioni, ribelli leghisti. Peggio ancora se si convocheranno i comizi elettorali in un clima di faide da basso impero. In ogni caso è molto probabile che Napolitano dia l’incarico a un volto nuovo cosicché anche se costui non ottiene la fiducia non sarà comunque Berlusconi a gestire le elezioni.

I mercati per evitare il panico devono avere un’indicazione sullo sbocco a cui si punta. La divulgazione della lettera la fornisce. Ma non è tutto. Con la politica allo sbando, le oscillazioni dei tassi di interesse sui titoli di stato potrebbero divenire dirompenti. Per questo il Fondo monetario internazionale si tiene pronto come ha già pubblicamente confermato in varie occasioni nei giorni scorsi, addirittura ventilando l’acquisto di titoli italiani sul mercato, novità assoluta per “la banca delle banche centrali”.

Ogni intervento di emergenza del Fmi anche se giustificato dalla fase delicata in Italia comunque deve basarsi su un programma. Visto che anche il governo per il momento in carica ha accettato senza riserve i punti della Bce nessuno potrebbe legittimamente gridare all’intollerabile imposizione (o “al ribaltone”). Insomma la lettera di Trichet e di Draghi, mentre un nuovo governo si insedia o nella fase elettorale, sarebbe il nucleo della Lettera di Intenti da sottoscrivere con il Fmi, per fornire l’àncora al programma di stabilizzazione successivo. Possibilmente corredato da ulteriori strette. Ad esempio il ritorno del sistema sanitario nazionale sotto il controllo del governo centrale, per evitare che le siringhe si paghino in alcune regioni il doppio o il triplo che in altre, o che in certi ospedali si partorisca con il cesareo nel 60% dei casi. Con il potenziale di corruttele che questo andazzo comporta, documentato da Daniela Francese in un libro uscito proprio in questi giorni. E viste le notizie recenti, dimezzare le spese delle regioni a statuto speciale dove si pagano i consulenti del nulla o gli straordinari per spalare la neve a luglio, potrebbe non essere un’idea peregrina. Come tagliare i costi della politica, del resto, punto incredibilmente ignorato dalla Bce.

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