Se voi foste un detenuto dietro le sbarre eleggereste come garante un ex poliziotto o l’ex direttore dello stesso carcere dove siete rinchiusi? Forse no. Purtroppo per loro però, non saranno i detenuti di Bologna a eleggere il loro garante, ma il consiglio comunale. Lunedì, per poco, il Partito democratico non metteva su questa poltrona l’ex vice-questore di Bologna, Giovanni Pipitone, uno che per mestiere le persone piuttosto le mandava al fresco. Di certo non erano più rassicuranti per i detenuti le proposte del Popolo della Libertà, che spingeva su un altro nome della terna messa ai voti nell’assemblea cittadina: Nello Cesari, ex provveditore alle carceri dell’Emilia Romagna (e prima ancora ex direttore del carcere della Dozza di Bologna), anche lui come Pipitone, appena andato in pensione. Persone degne ed esperte, ma, evidentemente, non terze rispetto alle condizioni dei detenuti e difficilmente compatibili con un organo indipendente di garanzia non legato allo Stato quale è quello del garante.

A far saltare i piani del Pd – che comunque ci riproverà –  per la nomina dell’ex vice-questore Pipitone sono stati i tre consiglieri di Sinistra ecologia e libertà, oltre ad alcune defezioni all’interno dello stesso partito di maggioranza. I consiglieri di Sel la scorsa settimana si erano già astenuti contro la terna di nomi uscita dalle commissioni consiliari. Dai 22 curricula iniziali arrivati in Comune, dopo diverse e burrascose sedute di commissione era stato formata una triade da portare alla votazione di ieri, una triade che comprendeva anche l’avvocato Mario Turco (che ha racimolato appena tre voti). Ma in consiglio non sono bastate tre votazioni, l’ultima a maggioranza semplice, e l’assemblea dovrà quindi nuovamente riunirsi per trovare un nome che raggiunga il quorum.

Ora i vendoliani propongono addirittura di tornare in commissione e cambiare i nomi della terna. Non si sa se il Pd troverà un’altra figura (al momento la risposta è negativa) rispetto a Pipitone e del resto sull’altro candidato che il Pd potrebbe eleggere, cioè Turco, non ci sarebbe ugualmente accordo con gli alleati. Da più parti si suggerisce di trovare una persona con competenze in campo sociale e giuridico, anche se qui entra in gioco l’opposizione del Pdl che da mesi chiede che il nuovo garante non sia un avvocato. Il motivo portato avanti dai consiglieri berlusconiani? Un garante avvocato, potrebbe assoldare futuri clienti incontrando i detenuti, distorcendo in questo modo il mercato. Non va dimenticato che 3 su 6 consiglieri Pdl sono avvocati e sentono il problema, evidentemente.

La figura del Garante dei Detenuti manca a Bologna dal 31 agosto 2010, da quando cioè si è concluso il mandato quinquennale dell’avvocato Desi Bruno. Il commissario straordinario, Anna Maria Cancellieri, che allora reggeva le sorti del capoluogo emiliano, pur non potendo eleggere un nuovo garante (può farlo solo il consiglio) non proroga l’incarico a Bruno. Così i detenuti – che con una lettera avevano chiesto più attenzione – sono lasciati senza una figura fondamentale. Da allora le funzioni del garante sono state così assunte ad interim dal difensore civico del Comune, Vanna Minardi, con una enorme riduzione però dei tempi a disposizione da dedicare alle persone recluse e con l’ovvio de-potenziamento dovuto all’interim. Il garante infatti può e deve avere colloqui con i detenuti e può visitare senza un’autorizzazione preventiva le carceri. La figura del garante si occupa naturalmente anche dell’istituto minorile e del Cie, il Centro di identificazione ed espulsione, una realtà spesso invalicabile per chi vuole conoscerne le condizioni di vita dei suoi internati.

Intanto proprio oggi nel carcere bolognese della Dozza si è tenuta l’ennesima protesta delle guardie penitenziarie, che hanno attuato una specie di sciopero della fame, rifiutandosi di sedersi in mensa per il pasto. Il motivo è un servizio mensa inadeguato sia nella condizione dei locali, sia per quanto riguarda i pasti. Gli agenti hanno sempre lamentato inoltre anche la mancanza di almeno 200 agenti a fronte di quasi 1.200 detenuti in una struttura che può ospitarne non più di 450.

d.m.

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