Le pubbliche amministrazioni, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici e i gestori di pubblici servizi nonché, con taluni limiti, le Autorità di garanzia e di vigilanza hanno l’obbligo di consentire ai media di accedere a documenti e informazioni da loro trattati nell’ambito di procedimenti amministrativi, per garantire l’esercizio del diritto di cronaca.

La stampa deve sapere e poter raccontare: è questo il principio fissato nell’ormai vecchia legge in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi che Giudici amministrativi dei tribunali regionali di Sicilia e Lazio hanno, negli ultimi mesi, ribadito con forza, in due importanti decisioni con le quali hanno ordinato alla pubblica amministrazione – l’Assemblea regionale siciliana in un caso e il Comune di Cassino nell’altro – di mettere a disposizione dei giornalisti i documenti da questi richiesti.

Nella prima delle due vicende, la testata SiciliaInformazioni chiedeva all’Assemblea regionale siciliana di conoscere “l’elenco in forma anonima di tutte le somme lorde integralmente liquidate (e pagate) in favore di un numero pari a dieci deputati A.R.S. nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2009 individuati dall’Amministrazione”, sentendosi opporre un diniego dettato dalla mancata puntuale identificazione dei documenti dei quali si chiedeva l’accesso e dalla complessità dell’operazione di estrazione delle informazioni richieste.

Con la sentenza n. 827 del 3 maggio 2011, tuttavia, il Tar della Sicilia, accogliendo il ricorso della testata giornalistica che non si è data per vinta, ha stabilito che “ogni qualvolta il rilascio di documenti non sia idoneo a dar luogo a particolari attività di ricerca tali da nuocere al regolare andamento dell’attività amministrativa”, l’amministrazione deve adempiere alla richiesta del giornalista giacché l’interesse all’esibizione degli atti, “come nel caso di specie, direttamente legato all’esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente tutelato”, è meritevole di tutela e deve, anzi essere reso agevole dall’amministrazione.

I giudici amministrativi hanno, inoltre, chiarito che non compete al richiedente individuare gli estremi dei documenti cui ha interesse ad accedere laddove l’amministrazione destinataria della richiesta non sia tenuta a specifici obblighi di pubblicità che rendano agevolmente identificabili, per i terzi, detti estremi.

Gli stessi giudici, peraltro, hanno chiarito che l’amministrazione non può trincerarsi dietro alla pretesa complessità di estrazione delle informazioni richiestele poiché “in un’epoca in cui l’attività amministrativa si svolge in modalità (almeno nell’intenzione del legislatore) digitali, allorché il documento o l’atto di cui si chiede l’esibizione e la copia non risulti specificamente individuato – circostanza, come detto sopra, qui giustificabile – ma si tratti di atto facilmente individuabile e concretamente formabile dagli uffici della p.a., è compito dell’amministrazione approntare ogni misura affinché sia garantito l’obbligo collaborativo che deve permeare il rapporto con il cittadino, ritenendosi non più sostenibile la tesi per la quale, qualora vengano in rilievo atti che necessitano di un’elaborazione di dati in possesso della p.a., questi debbano essere sottratti dall’ambito di applicazione del diritto d’accesso, e ciò in relazione alle possibilità offerte dall’informatica che consente in pochi minuti di ricostruire anni di attività amministrativa”.

L’opinione pubblica ha diritto di sapere, i media hanno diritto di raccontare e l’amministrazione ha l’obbligo di rendere tutto ciò possibile.

Nell’altra vicenda, quella sulla quale si è pronunciato nelle scorse settimane il Tar Lazio, un giornalista di Bloomberg aveva chiesto al Comune di Cassino di fornirgli documenti e informazioni relativi ad una transazione intercorsa tra l’amministrazione e la JP Morgan, sentendosi opporre dal Comune un rifiuto dettato da una clausola di riservatezza presente in detto accordo transattivo.

Anche in questo caso, tuttavia, Bloomberg e il suo giornalista non si sono persi d’animo e hanno chiesto al difensore civico di ordinare all’amministrazione di dar seguito alla richiesta.

A questo punto, il Comune di Latina se l’è presa comoda, ha tardato, rispetto al termine di legge (30 giorni) nel comunicare a Bloomberg il suo ennesimo diniego, e i giudici amministrativi gli hanno quindi ordinato di fornire al media tutte le informazioni e documenti richiesti, ritenendo, ancora una volta, il diritto di cronaca un valido argomento per sgretolare le mura, troppo di frequente spesse ed opache, della nostra amministrazione.

Due storie, altrettanti giudici, due media ma una costante: anche nel nostro Paese c’è ancora spazio per fare del buon giornalismo d’inchiesta e per raccontare all’opinione pubblica cosa accade nei palazzi.

Sfortunatamente è più faticoso che altrove e serve più determinazione, ma guai a demordere.

Insieme, giornalisti, editori, avvocati e Rete possiamo abbattere colpo dopo colpo le mura della nostra amministrazione e renderla, finalmente, davvero trasparente.

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