L’infilata di parolacce e insulti che Vittorio Sgarbi è capace di inanellare in 10 minuti di trasmissione, sulla Bbc non le hanno mai sentite in 10 anni. Forse nemmeno in 20, se si pensa al grande scandalo con strascico di polemiche che accompagna episodi come quello accaduto l’altra sera, quando per un “idiota” volato nel corso del programma Newsnight i vertici della Bbc si sono scusati personalmente con l’insultato e il conduttore ha fatto mea culpa per non aver saputo bloccare in tempo la “scortesia”.

Newsnight è un programma culto della Bbc e la trasmissione è condotta da Jeremy Paxman, il volto forse più famoso e autorevole del giornalismo britannico. Quello, per intenderci, che fece fare una figura barbina al ministro Frattini e che metterebbe in difficoltà qualsiasi politico italiano: loro abituati a evitare le domande, a usare il video a proprio piacimento per dire quello che vogliono e con i tempi che desiderano; Paxman che conduce con i suoi tempi, fa domande precise e non permette all’ospite di svicolare. Se uno non risponde, rifà la domanda all’infinito. Non alza mai la voce, è assolutamente glaciale e tagliente, ironico e sarcastico ma non molla mai l’ospite. È capace di inchiodare personaggi come Tony Balir e segretari di Stato americani. Insomma, l’incarnazione del giornalismo britannico da manuale, quello intransigente e integerrimo, talvolta saputello e perfino troppo pedante. L’opposto del giornalismo trash da tabloid, alla News of the World, niente gossip ma dibattito di alto profilo, molto professionale e pulito.

E quindi cosa è successo l’altra sera? Quando per la seconda volta Peter Osborne, il commentatore economico presente in studio con Paxman, ha insultato il portavoce della commissione europea Amadeu Altafaj-Tardio dicendo “that idiot in Brussels”, il supposto idiota collegato dallo studio di Bruxelles si è alzato in silenzio, si è tolto l’auricolare e se n’è andato. Notare che la disputa non era su questioni personali, come spesso accade nella televisione nostrana, ma sulla politica monetaria europea e sulla necessità di salvare l’euro. La mattina dopo il produttore della trasmissione ha telefonato personalmente ad Alfaj-Tardio per scusarsi e si è molto dispiaciuto perché l’interruzione “non ha permesso agli ascoltatori di comprendere ulteriormente la posizione della Commissione europea” rispetto ai temi trattati. “Un’occasione persa” ha detto.

Differenza di stile. Ma non solo, in questi casi la forma è anche sostanza. Giovedì sera Sgarbi ha fatto un altro dei suoi show a Piazzapulita su La7. E ha usato termini e fraseggio adatti più a uno scaricatore di porto che a un cultore dell’arte. Ha insultato Rosy Bindi e se l’è presa con il conduttore Corrado Formigli. “Mi scuso con Rosy Bindi – ha detto Formigli – non mi piacciono le parole usate. Considero Sgarbi, nonostante le sue intemperanze, una persona intelligente che dice cosa interessanti, non banali”. E allora, perché se ha cose così intelligenti da dire non le dice senza insultare qualcuno? Eppure Sgarbi che urla “capra” e “taci” e tutto il resto del suo noto repertorio fa audience. Lui e altri ancora più imbarazzanti e impresentabili sono ospiti fissi non perché abbiano qualcosa di interessante o importante da dire, ma perché sono urlatori professionisti, cercano la rissa e fanno volare parole grosse. (È poi da vedere se l’audience si alza davvero, perché a leggere i commenti su YouTube e nel web pare proprio che i telespettatori siano stufi di queste finte risse).

Diverse sensibilità. Prima dell’estate la Coca Cola ha fatto saltare un contratto da 600mila sterline l’anno al calciatore britannico Wayne Rooney per i suoi comportamenti scorretti. L’avevano beccato a cornificare la moglie con una escort e poi aveva detto parolacce davanti a una telecamera durante una partita del Manchester. Rooney si è scusato pubblicamente, ma non c’è stato niente da fare. Sgarbi non solo non si scusa mai, ma si è pure arrabbiato con Formigli per essersi scusato con la Bindi. Ora, per chiudere il cerchio, manca solo che qualche ditta italiana gli faccia un bel contratto da testimonial.

Il Fatto Quotidiano, 1 ottobre 2011

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