Mancano appena tre mesi alla chiusura di Malagrotta, la più grande discarica d’Europa. Da oltre trent’anni Roma ha nascosto tutti i suoi rifiuti nello sterminato invaso dell’avvocato Manlio Cerroni. Ma dal 31 dicembre, giorno in cui scade l’ultima deroga concessa all’impianto, bisognerà trovare una nuova collocazione alle oltre 4 mila tonnellate di immondizia prodotte ogni giorno nella capitale. Il sindaco Gianni Alemanno si dice sereno e continua ad assicurare che Roma non rischia l’emergenza rifiuti come a Napoli. La Regione Lazio ha da tempo individuato una lista di sette siti che potrebbero raccogliere l’eredità di Malagrotta. La scelta definitiva spetta al prefetto di Roma Alfonso Pecoraro, nominato commissario ad hoc per gestire la fase di transizione: ormai la decisione è imminente. Ieri pomeriggio i partiti e i comitati di cittadini che combattono contro la creazione di nuove discariche si sono riuniti di fronte al Consiglio regionale del Lazio, per manifestare contro l’ipotesi di “una nuova vergogna, un nuovo scempio come Malagrotta”. Una miriade di sigle, provenienti dai tanti territori minacciati dalle politiche sui rifiuti della regione, riunite dalle stesse parole d’ordine: un “no” inequivocabile nei confronti di discariche e inceneritori e la richiesta di investimenti reali per rilanciare la raccolta differenziata (che nel Lazio è ferma a una cifra vicina al 20%). “Chiudendo Malagrotta, qualcuno crede che l’apertura di nuovi impianti sia la via più semplice”, spiega Nando Bonessio dei Verdi. “Si sbaglia: ormai i cittadini hanno un livello di consapevolezza altissimo riguardo le politiche sui rifiuti. Con queste scelte non si fa altro che alzare il livello dello scontro”.
Servizio di Tommaso Rodano

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