Mai promesse furono così contrapposte. La corsa a sindaco di Londra che si è aperta nelle scorse settimane sta viaggiando a tutta velocità su un vagone della mitica Underground. Uno, l’attuale primo cittadino, il conservatore Boris Johnson ha già annunciato pochi giorni fa un aumento delle tariffe dell’8% a partire dal gennaio 2012, proprio l’anno delle elezioni. L’altro, lo sfidante, il rosso Ken Livingstone, laburista molto spostato a sinistra, già due volte sindaco della metropoli, vuole invece diminuirle del 5%, «per dare respiro ai londinesi e uno stimolo all’economia della nostra città».

Una sfida di tutto rispetto, in una città dove le tariffe sono già altissime, fra le più elevate al mondo. E dove pochi giorni fa i giornali riportavano la notizia dello sfondamento di una barriera simbolica ma anche molto pratica. Un commuter, cioè un pendolare, obbligato a fare un’ora di treno e poi a prendere la metropolitana, magari lasciando la macchina in un parcheggio a pagamento, ora spende più di 10mila sterline ogni anno, 11.500 euro. Ne pagava 9mila un anno e mezzo fa.

Il problema, ora, è capire chi pagherà il miglioramento della rete dell’Underground e la continua manutenzione. Livingstone, dati di bilancio alla mano, dice che TFL, Transport For London, ha a disposizione 728 milioni di sterline di surplus finanziario. Nell’ultimo anno, la società dei trasporti ha realizzato profitti netti per 275 milioni di sterline – e già questa, di per sé, sarebbe una notizia – da biglietti, pubblicità e affitto di mezzi e di spazi. A questi vanno aggiunti 453 milioni di sterline di risparmi sulle spese previste per manutenzione ordinaria e straordinaria. Insomma, un bel gruzzolo, ma, di contro, l’attuale sindaco Boris il biondo è chiaro ed esplicito: «Se non aumentiamo le tariffe, non riusciremo mai ad avere quei 12 miliardi di sterline necessari per il piano eccezionale di miglioramento della rete». Progetto della durata, guarda caso, proprio di quattro anni. Il tempo da un’elezione a un’altra.

Intanto, i londinesi si dividono fra i favorevoli al taglio e i contrari. Nell’orgoglio degli abitanti della capitale britannica c’è anche il vanto per la propria Underground, la metropolitana più antica al mondo, che copre in modo capillare quasi tutta la città. Undici linee, più i treni DLR, i treni Overground, i treni veri e propri nelle aree all’interno delle zone in cui è divisa la tariffazione a fasce, tram e autobus. Un patrimonio continuamente rimaneggiato – proprio in questi mesi, alcune linee, a rotazione, vengono chiuse il fine settimana per lavori di adeguamento –  che ha un costo di mantenimento enorme, nell’ordine dei miliardi di sterline. I detrattori di Livingstone lo dicono: di queste necessità di denaro sonante, lo sfidante sarebbe sempre stato a conoscenza, visto che proprio sotto i suoi mandati le tariffe sono state aumentate più volte. Ma Red Ken ribatte: «Questa volta si può fare, l’avanzo finanziario dovrà pur essere utilizzato in qualche modo».

Intanto, ogni giorno, la metropolitana è oggetto di indagini, statistiche, studi e analisi. In questi giorni, in tutta la capitale, il personale dell’Underground sta consegnando dei moduli da compilare per fini statistici. Obiettivo, cercare di capire quali siano i tragitti più utilizzati dai pendolari, quali siano i motivi – oltre al lavoro – che li spingono a spostarsi da casa e quale sia l’indice di gradimento del servizio nel suo complesso. La sfida fra Livingstone e Johnson sarà proprio una gara per cercare di migliorare la percezione che i londinesi hanno dei mezzi di trasporto. La leva del prezzo, per il primo, è fondamentale. 124 sterline al mese (150 euro circa) a persona per le zone 1, 2 e 3 – quelle dove vivono la maggior parte dei londinesi – sono effettivamente una spesa sempre più insostenibile in tempi di austerity, congelamento degli stipendi, tagli dei posti di lavoro e crisi generalizzata.

Per il sindaco in carica, invece, la spinta viene tutta dalla necessità di avere una rete sempre più moderna ed efficiente, a un anno dalle Olimpiadi. Già ora le lamentele più ricorrenti sono quelle legate agli orari (a Londra la metro non è aperta 24 ore su 24, come avviene per esempio a New York), alla puntualità e persino alla mancanza di copertura per i cellulari. Johnson non vorrà sicuramente ritrovarsi, se rieletto, a gestire la bollente patata dei malumori dei londinesi.

di Daniele Guido Gessa

Articolo Precedente

Africa, regaliamo una copia di “Dead Aid” ai vip

next
Articolo Successivo

Rory Weal, il trionfo
del baby labour

next