C’è anche un ex dirigente del personale dell’università di Bologna tra gli 8 destinatari dell’avviso di fine indagine emesso dalla procura della Repubblica di Firenze e notificato, oltre che nel capoluogo emiliano e toscano, anche a Napoli, Siena e Roma per i reati di peculato, abuso d’ufficio, truffa aggravata e favoreggiamento. Si tratterebbe di Giuliano De Stefani, transitato nel 2008 all’Istituto italiano di scienze umane (Sum) dell’ateneo fiorentino e finito nelle maglie di un’indagine sulla gestione anche del Consorzio interuniversitario di studi umanistici e dell’Istituto di studi umanistici (Isu).

L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Giulio Monferini e condotta dalla guardia di finanza, è partita nel 2006 dall’ipotesi di irregolarità gestionali che si pensa siano continuate fino al 2009. Tra le altre persone coinvolte, figurano i nomi di Aldo Schiavone, ex direttore dell’Isu e del Sum, del suo successore, Mario Citrari, e di altri funzionari amministrativi, Michele Orefici, Loriano Bici, Antonio Cunzio e Daisy Sturmann, oltre alla titolare di un’agenzia di viaggi toscana. In base a quanto viene loro contestato dagli inquirenti fiorentini, che hanno provveduto a segnalare la vicenda alla Corte dei Conti della Toscana, avrebbero realizzato un vantaggio illecito che supererebbe i 3 milioni di euro.

Per giungere a questa cifra, gli investigatori hanno esaminato oltre 1.500 voci di spesa (e relativa documentazione) registrare in quegli anni. Più nello specifico, si tratta di anticipi di missioni slegate da attività accademiche, rimborsi forfettari e talvolta già in precedenza pagati, indennità maggiorate o non dovute, pranzi e cene organizzati per ragioni personali e viaggi in Italia e all’estero (tra cui Paesi come gli Stati Uniti, la Turchia, la Francia e la Gran Bretagna) estesi anche a moglie e amici. Ma tra quanto contestato dalla procura di Firenze ci sono anche addebiti telefonici nell’ordine di centinaia di chiamate su utenze mobili e non rientranti nei contatti di servizio, oltre all’acquisto di marche da bollo che doveva dissimulare il pagamento di ricariche telefoniche e spese per taxi.

Fin qui per l’accusa di peculato. Ma poi l’è l’abuso d’ufficio con il dirottamento di contratti e collaborazioni a persone che non avrebbero seguito gli iter previsti dalla legge, insieme a concorsi banditi per assunzioni a tempo indeterminato. Come se non bastasse, tra le ipotesi di reato formulate, c’è anche la truffa aggravata per presunte falsificazioni di documenti che avrebbero attestato compensi o conguagli inesistenti. Quando infine la procura ha avviato l’indagine e le fiamme gialle iniziato i controlli, si contesta agli indagati il fatto di aver fornito informazioni che si ritengono false o reticenti.

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