Le inchieste di Bari e di Napoli svelano imbarazzanti intrecci tra appalti, sesso e politica. Il Paese è malato. Anzi ha la febbre. E le sue classi dirigenti intervengono tentando di buttare via il termometro. La maggioranza, trovando qualche sponda pure nell’Udc, prova di nuovo a neutralizzare la stampa e lo strumento investigativo che più spaventa il potere: le intercettazioni telefoniche. Torna così prepotente lo spettro della legge bavaglio. Il 27 settembre, alla Camera, si discuterà e voterà il vecchio disegno di legge  sugli ascolti telefonici. Silvio Berlusconi vuole che sia approvato a tutti i costi. Ma la maggioranza – e soprattutto la Lega – è scossa dalla presa di posizione dei “maroniani “, che pensano ad uno spacchettamento del provvedimento. L’obiettivo? Accelerare l’iter per il divieto di pubblicazione delle intercettazioni sui giornali, un’assoluta urgenza per il Pdl rispetto alla stretta sull’utilizzo dello strumento investigativo promessa ai magistrati. Il tutto a scapito del “cerchio magico” di Rosy Mauro, che protegge le posizioni di Umberto Bossi e punta su un provvedimento più pesante che colpisca anche i pm.

In attesa di comprendere se il governo porrà la questione di fiducia sul ddl, nel frattempo, specie alla luce degli ultimi sviluppi delle inchieste a Bari e Napoli, la questione torna di strettissima attualità nelle dichiarazioni delle parti politiche. Fa notizia, ad esempio, la presa di posizione di Pierluigi Mantini, Responsabile Riforme Istituzionali del partito di Casini, che apre un nuovo fronte in vista della seduta del 27 settembre: “L’introduzione dell’udienza filtro per separare le intercettazioni penalmente rilevanti dalle altre e il divieto di pubblicazione di intercettazioni irrilevanti, che violano il diritto alla privacy, sono misure necessarie”  ha detto Mantini , che pur ammettendo che “non sono ammissibili restrizioni sul legittimo uso dello strumento nel contrasto della criminalita’ né forzature per decreto”, auspica “una larga intesa tra le forze responsabili” per disciplinare le intercettazioni, perché in Italia “i processi si fanno con le regole dei processi non del gossip.Vorrei che Bersani lo ricordasse a Di Pietro nella Festa di Vasto”.

Le parole dell’esponente dell’Udc seguono di poco quanto dichiarato da Maurizio Paniz La Telefonata, su Canale 5, in cui il deputato del Pdl si è detto sicuro sul futuro prossimo della questione. “Scommetto che riusciamo ad approvare il ddl sulle intercettazioni entro la fine della legislatura. Quello che è successo ha reso evidente che così non si può andare avanti” ha annunciato Paniz, riferendosi alle conversazioni telefoniche di Berlusconi con Lavitola e Tarantini, il cui contenuto è stato diffuso dai media. “Mi pare abbastanza evidente – ha sottolinea Paniz – che ci sia un eccesso: 100 mila intercettazioni non sono mai state utilizzate nemmeno nei processi di mafia”.

Stessi pensieri e stesse parole espresse da Umberto Bossi, che da Monviso non ha usato mezze misure: “Bisogna finire di intercettare la gente” ha detto il senatur, che però tira il freno sull’ipotesi di presentare un provvedimento legislativo “perché – ha aggiunto – Napolitano non vuole”. E se molti ministri Pdl (Sacconi, Giovanardi, Romano) chiedono a gran voce provvedimenti ad hoc per limitare le intercettazioni, il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, ha risposto alle sollecitazioni dei capigruppo Pdl alla Camera e Senato (che chiedevano al Consiglio superiore della magistratura e al Presidente della Repubblica di vigilare sulla diffusione delle telefonate intercettate e irrilevanti dal punto di vista penale) di aver già fatto “esplicito richiamo al dovere di segretezza e di discrezione” in occasione del plenum del 7 settembre scorso.

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