L’epilogo delle polemiche estive si conoscerà nei prossimi giorni. E si vedrà se sarà la fine dell’era berlusconiana o soltanto quella di un altro capitolo, come è stato finora. Negli ultimi anni, ogni volta che il Cavaliere sembrava politicamente spacciato, lui risorgeva. Più forte di prima. Adesso appare letteralmente assediato. La nuova ondata di intercettazioni con Valter Lavitola e Gianpaolo Tarantini, i resoconti delle nottate a ritmo di bunga bunga aggiornati da nuove ragazze, i mal di pancia interni al Pdl che trovano la voce (con gli stessi ministri che invocano le primarie di partito e bacchettano pubblicamente il delfino Angelino Alfano), il voto alla Camera su Marco Milanese, il processo Ruby che dal 3 ottobre porterà a palazzo di Giustizia di Milano tutte le donne del premier, i problemi in casa Lega con l’alleato Umberto Bossi che appare ormai senza più guida del partito. E ancora: la manovra da approvare, il tentativo di riesumare la legge Bavaglio, il Capo dello Stato che sprona l’esecutivo e i primi ministri europei preoccupati per la situazione economica in cui versa l’Italia aggravata dall’immobilismo del Governo. Ma il premier non intende affatto “mollare”. Anzi, vuole “resistere fino al termine della legislatura”. Lo ha detto e lo ha fatto capire ancora oggi, a Mattino 5, rivolgendosi direttamente agli italiani per difendere il suo operato. E per criticare nuovamente l’operato dei pm.

I fronti aperti sono molti. Alfano punta intanto a chiudere con le polemiche interne (è ora di smetterla, ha detto, con la gara “a chi dà la martellata più forte” in uno “scontro tra di noi” nelle interviste sui giornali), perché l’obiettivo è rilanciare l’azione del Pdl e dell’esecutivo, che durerà, “fino al 2013”. Mentre il Cavaliere si appresta a volare a Bruxelles, per difendere la bontà delle misure economiche varate dal governo, (saltando, almeno per ora, l’incontro con i magistrati di Napoli), in patria si susseguono però le richieste di fare “un passo indietro”, e non solo da parte dell’opposizione, che con Cesa, e soprattutto Gianfranco Fini, ha rinnovato l’invito a cercare un nuovo premier e un nuovo governo. Dalle colonne del Corriere della Sera, ieri, è arrivato anche il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, a dire che “un ciclo si è concluso” e che “la cosa migliore sarebbe che Berlusconi decidesse di farsi da parte. Ora, sostiene l’esponente del Carroccio, servirebbe “una svolta dentro la maggioranza”, senza pensare però né a elezioni, né a governi tecnici. Una voce al momento isolata la sua (nessuno l’ha commentato, né a favore né contro) ma che esprime i sentimenti più profondi del popolo leghista.

LEGA ALLA FINESTRA  – Per il momento, però, nessuno del gruppo dirigente di via Bellerio intende fare strappi. Né Maroni (in attesa di vedere come si svilupperà la situazione) né tantomeno Calderoli (che sabato ha ricordato a tutti che senza Berlusconi non ci sarebbero i voti per il federalismo). Quanto a Bossi, dopo l’incidente di fine agosto, è sparito dalla scena e, probabilmente, occorrerà attendere il raduno veneziano del 18 settembre per rivederlo in pubblico. Sembra infatti possibile che quest’anno Bossi non vada a riempire la consueta ampolla di acqua del Po. E l’argomento ha spaccato i vertici del partito, con il cerchio magico (Rosy Mauro in testa, per volere della moglie Manuela Marrone) che insiste per mandarcelo, accompagnato dal figlio Renzo il Trota. Ma la convalescenza per la frattura del gomito non è ancora terminata, quindi Bossi con ogni probabilità si presenterà solamente domenica prossima a Venezia.

I MAL DI PANCIA NEL PDL – Intanto, è la parola d’ordine, bisogna “portare a casa la manovra”. Ma dopo si potrebbero riaprire tutti i giochi. In ogni caso, non è interesse di nessuno andare al voto anticipato. Nemmeno della Lega. Ma a premere per un rinnovamento della leadership iniziano ad essere sempre più numerosi i pidiellini. Dopo l’uscita di Beppe Pisanu, ieri è stata Renata Polverini a ritornare sul tema, invitando “le persone illuminate del Pdl” a “dire in faccia al premier che esiste una soluzione alternativa”, visto che ormai Berlusconi “ha perso credibilità e reputazione”. Parole pesanti che si uniscono a quelle di Gianni Alemanno, che peraltro nei giorni scorsi già aveva chiesto ad Alfano di andare subito alla verifica con la Lega sul programma. Il sindaco di Roma, pur ringraziando Berlusconi per aver dato vita al Pdl, si è detto convinto della necessità di fare le primarie “per la scelta di un nuovo candidato premier”. Di questo, ha chiarito con diplomazia Alfano parlando alla platea amica di Atreju, si discuterà quando sarà il momento. Molto più tranchant invece sulle dissonanze interne: chi non crede al Pdl, è stato l’affondo del segretario del Pdl, si metta “a bordo campo” e lasci giocare la partita “a chi ha voglia di vincere”.

MANOVRA ALLA CAMERA – E mentre oggi Bossi e Calderoli useranno gli uffici dei ministeri a Monza (mai aperti dopo l’inaugurazione) per un vertice di partito e per incontrare i presidenti padani delle Province, a Montecitorio arriverà la manovra, accompagnata dalla fiducia. E per quanto il berlusconiano Osvaldo Napoli abbia avvertito la Lega che, nel caso in cui al Carroccio andasse di traverso l’intervento sulle pensioni, questa riforma potrebbe essere varata anche senza il suo appoggio, a Montecitorio “comandano” i maroniani. Gli stessi che hanno aperto le porte del carcere di Poggioreale ad Alfonso Papa e che potrebbero avere la stessa cortesia anche per Marco Milanese, su cui la giunta per le autorizzazioni si esprimerà a giorni. L’ex consulente di Giulio Tremonti, potrebbe però dimettersi da parlamentare, così suggerì Maurizio Paniz, deputato del Pdl, lo scorso luglio: “Si dimetta a fronte dei rilievi che gli vengono mossi, sempre che non denunci per calunnia coloro che lo hanno accusato”. Il voto in aula su Milanese, comunque, andrà in scena nella settimana del 20 settembre. Prima la manovra. Che deve trovare risorse adeguate. E quindi andrà a incidere anche sulle pensioni. E il Pdl sprona Berlusconi. Ammettendo i rischi. Il vicepresidente dei deputati del Pdl, Osvaldo Napoli, avverte: “La riforma va fatta senza vincolo di maggioranza. Se il governo è convinto che essa serve al Paese, deve andare in Parlamento e cercare lì una maggioranza. Se proprio deve cadere, Berlusconi scelga di farlo in combattimento e non arretrando di fronte ai veti degli alleati”.

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