Cassonetto freeganQualche tempo fa rimasi colpito dalla recensione di un libro uscito in Inghilterra dal titolo Waste (“Spreco”), recentemente edito da Bruno Mondadori col titolo al plurale Sprechi. L’autore era Tristram Stuart, uno scrittore e universitario di Cambridge che ha improntato la propria vita sul vivere di rifiuti. Ma non rifiuti intesi tanto come contenuto dei cassonetti dell’immondizia, quanto piuttosto come beni considerati rifiuti dalla logica commerciale, come, un esempio per tutti, ciò che viene gettato via dai supermercati perché vicino a scadenza, o perché la confezione è alterata o perché il cibo non si presenta bene.

Ed in effetti – lo sappiamo benissimo – se c’è qualcosa che dà l’idea della profonda ingiustizia della nostra società è appunto lo spreco di cibo. Si calcola che nel mondo occidentale si sprechi mediamente nella catena alimentare il 30% dei prodotti, con una punta ovvia del 50 % negli Stati Uniti.  Si va dai cosiddetti “eccessi di produzione”, ai sopra ricordati scarti dei supermercati, agli sprechi delle mense e in famiglia (alimentati questi ultimi da acquisti eccedenti le necessità fagocitati dai supermercati). In Italia basti pensare alle arance della Sicilia (lo sapevate in compenso che l’80% del succo d’arancia l’Europa lo importa da Stati Uniti e Brasile?).

Ma Stuart non è solo in questa scelta: c’è addirittura un movimento che si riconosce in questa filosofia di vita che si chiama freegan (acronimo delle parole free, libero e vegan, alimentazione senza prodotti animali, creato dall’attivista per i diritti degli animali statunitense Alan Weissman). Oggi peraltro la parola freegan esula dal suo contesto originario e sta ad indicare tutti coloro che adottano la tecnica di rovistare tra i rifiuti, indipendentemente dalle loro abitudini alimentari. Del resto, lo stesso Stuart alleva e mangia maiali…

È chiaro che i freegan, se da un lato approfittano della situazione di sovrabbondanza, dall’altro, con la loro azione, lanciano un monito ben preciso alla nostra società, e cioè produrre di meno e consumare meglio. Senza contare il valore del comportamento individuale. Come dice Tristram Stuart: “Compra solo ciò di cui hai bisogno, e mangia tutto quello che compri”.

Lo stesso Stuart, per pubblicizzare l’enormità degli sprechi, ha organizzato in Trafalgar Square a Londra, il 16 dicembre 2009, un megapranzo per 5.000 persone, solo ed esclusivamente utilizzando prodotti di scarto. Neanche a dirlo, la manifestazione è stata un grosso successo, è c’è da scommettere che nessuno si è sentito male!

Nella stessa ottica dei freegan, il prof. Andrea Segré dell’Università di Bologna ha promosso l’iniziativa Last Minute Market (recentemente estesa al Piemonte grazie a Slow Food), che ha messo a punto fin dall’anno 2000 un sistema professionale di riutilizzo di beni invenduti dalla grande distribuzione.

Beh, adesso vi devo lasciare: vado a rovistare.

Foto di Laura Olivieri

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