Gruppo La Perla 85%, Hera 90%, Intertaba 85%, Redi 90%, Magli 75%. Queste percentuali indicano le adesioni dei lavoratori, di alcune delle principali aziende dell’Emilia Romagna, allo sciopero nazionale indetto dalla Cgil di oggi. Una partecipazione che, dati alla mano, ha compreso anche iscritti a quelle sigle, Cisl e Uil, i cui segretari si sono dichiarati contrari alla manifestazione.

Come nel 2002, quando il Circo Massimo di Roma si tinse di rosso, oggi la Cgil è scesa in piazza da sola per chiedere che a pagare i costi della crisi economica non siano solo i lavoratori. Per chiedere al governo di cambiare direzione e rivedere quella norma, scritta all’articolo 8 della “manovra irresponsabile”, che minaccia il licenziamento facile e che di fatto mette in discussione anni di lotte per tutelare e garantire i diritti di chi, per vivere, svolge una professione nel settore pubblico o privato.

“Bisogna resistere perché il Parlamento si decida a stracciare l’articolo 8”, spiega Carla Cantone, Segretaria dello Spi, “E’ anticostituzionale. Dobbiamo aiutare le Regioni, le Provincie e i Comuni a tutelare i servizi. Che paghino i ricchi ora, non è giusto chiedere sacrifici sempre ai soliti”.

Quattro sono stati i cortei che hanno attraversato Bologna per riunirsi in Piazza Maggiore, sul crescentone e protestare contro il governo: i pensionati dello Spi, i dipendenti pubblici e gli insegnanti, gli operai uniti alle tute blu della Fiom e i sindacati di base: “L’alternativa non c’è, paghi chi non ha ancora pagato”. Questo lo striscione che ha aperto il corteo dei lavoratori delle fabbriche, firmato dalla Camera del Lavoro di Bologna, uno slogan ripetuto di bocca in bocca da tutti i manifestanti, simbolo dell’esasperazione che attraversa orizzontalmente sigle e categorie. Sintomo di un male che affligge il mercato del lavoro italiano surclassato dalla crisi, dalla disoccupazione e ora dalla manovra.

“Il governo ha fatto delle scelte sbagliate e siamo sempre e solo noi a pagare” racconta Maria della KPL Packaging, “Non siamo tutti buffoni, forse qualcosa capiamo anche noi”, aggiunge Erminia, 45 anni, metalmeccanica che, come tutti i presenti, ha rinunciato ad un’intera giornata di paga per manifestare. “Siamo in piazza oggi perché questa finanziaria ha toccato per la prima volta nella storia i nostri diritti” sottolinea Paolo, 33 anni, della Ducati.

“Mi dispiace per Cisl e Uil, si sono dimostrati troppo vicini al governo e non hanno capito che scioperare è l’unico modo per cambiare le cose” ha aggiunto Davide, tesserato Fiom, commentando la decisione presa dalla dirigenza dei due sindacati nazionali di non prendere parte, e anzi criticare, allo sciopero indetto dalla Cgil. “Dobbiamo dare la possibilità agli enti locali di stabilire un meccanismo che chieda le risorse a chi può darle, solo così si può creare una società migliore e più giusta” ha commentato Carla, un’educatrice di 50 anni, impiegata in un asilo nido comunale.

Un’opinione condivisa, la sua, una proposta che permetterebbe di recuperare risorse coinvolgendo coloro che, pur possedendo complessivamente il 50% della ricchezza italiana, pagano la stessa cifra del concittadino operaio.

di Annalisa Dall’Oca

(il video è di Giulia Zaccariello)

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