I portachiavi con il cameo del Duce hanno lasciato il posto ai pinzini. Sul menu del ristorante non si legge più “qui si beve vino nero, non rosso”. I saluti a braccio alzato sono stati rimpiazzati da vigorose strette di mano. La festa tricolore inaugurata ieri a Mirabello diventa l’emblema della transizione di Fiuggi ormai compiuta. La Fiamma, diventata Alleanza nazionale prima e dispersa nel Pdl del predellino poi, si è trasformata in un partito di destra europea. quello che un anno prima Fini, proprio dal palco di Mirabello, aveva promesso.

Lo si intuisce anche scorrendo il programma degli invitati, rigorosamente bipartisan, con ospiti di ambo i poli e giornalisti tutt’altro che schierati: da Alemanno a Rosy Bindi fino a Marco Travaglio, per citarne alcuni. Tanto che a qualcuno del “popolo” di Fli scappa detto “sembra di essere a una festa dell’Unità”.

Della festa degli esordi rimane il patron fondatore, Vittorio Lodi, che nel 1982 fece solenne giuramento a Giorgio Almirante: “Finché avrò fiato questa festa si farà”. E così è stato, nonostante lo sgambetto degli ex amici del Pdl, che hanno “scippato” la ubicazione storica della kermesse, piazza Primo Maggio. Ora tutto si svolge in un’area privata. Ancora più grande di prima. Ben 20mila metri quadrati proprio di fronte alla casa di Lodi. Una dimora di altri tempi che ieri sera ha accolto circa un migliaio di visitatori dall’alto delle due aquile di pietra che si stagliano sull’entrata. Non tutto è stato consegnato al passato.

In questo giardino prestato alla politica si è tenuto alle 18 il taglio del nastro della festa tricolore numero trenta all’insegna del titolo “L’Italia in cui credere”. All’allestimento dell’enorme spazio hanno lavorato per tutto agosto una quarantina di volontari, che in questi giorni sono cresciuti fino a un centinaio, 25 dei quali impegnati nella cucina, forte di uno stand ristorante che può ospitare da 740 a 900 persone.

Un dettaglio che ha fatto allargare gli occhi a Mario Sechi, direttore de Il Tempo chiamato a intervistare Italo Bocchino, davanti ad una platea di almeno trecento persone: “Cossiga mi diceva che in Sardegna mangiano minestra e politica; qui ci sono l’una e l’altra”.

È il “miracolo di Mirabello”, per usare le parole di Enzo Raisi, coordinatore regionale del partito: “E’ un po’ come quello di San Gennaro: si realizza ogni anno e per questo dobbiamo ringraziare i tantissimi volontari. Cos’è Mirabello? E’ stato il momento in cui spiegare in quale direzione andasse il percorso di Fini, ora è il momento della ricostruzione: ‘L’Italia in cui credere’”.

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