“Sconcertante”, “inconcepibile”, “insultante”. E poi ancora “lo sfregio”, “i pregiudizi”, la “mancanza di rispetto”. E’ letteralmente un fiume in piena Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo Settore, presidente nazionale delle Acli ed esponente di quel mondo cooperativo travolto in questi giorni dalle ultime ipotesi contenute nella manovra governativa. Ipotesi preoccupanti, ovviamente. Perché sarà pur vero che “ormai, di fronte alle affermazioni del governo non c’è più nulla di cui ci si possa fidare” ricorda Olivero, ma certo, al tempo stesso, è difficile mettere da parte le ansie di fronte a un progetto di tassazione che rischia di far pagare la crisi “a chi ha scelto un modello di sviluppo opposto rispetto a quello di chi la crisi l’ha creata”.

Tutto nasce dalla decisione del governo di eliminare dalla manovra la prevista tassa extra sui redditi annuali superiori ai 90 mila euro. Una rinuncia che deve ora essere compensata con altre misure di incremento del gettito fiscale, a cominciare, ed è questo il problema, proprio dalla riduzione delle agevolazioni per le cooperative. Nel dettaglio: nel testo all’esame del Parlamento si ipotizza un aumento del 10% delle imposte sui cosiddetti “utili accantonati a riserva” ovvero la somma dei profitti messa da parte per spese e investimenti futuri. Allo stato attuale delle cose la legge prevede trattamenti fiscali differenti a seconda delle funzioni svolte dalle cooperative stesse. Al momento le coop agricole versano all’erario il 20% degli utili accantonati, quelle di consumo il 55%, tutte le altre, ad eccezione delle cooperative sociali che sono esentate da qualsiasi tassa, pagano il 30.

Si dice che in Italia il mondo cooperativo sia costituito da non meno di 80 mila entità, oltre un milione  di lavoratori, e una produzione complessiva capace di compensare oltre il 7% del Pil. Difficile, per il momento, valutare l’impatto del provvedimento sull’intero settore. Ma le prospettive non sono certo rassicuranti. “Qualunque taglio finirà per incidere su un settore che fa i conti da tempo con problemi crescenti – spiega Olivero – . Non dimentichiamo che una parte del mondo cooperativo lavora proprio con il settore pubblico, scontrandosi ogni volta con i ritardi nei pagamenti, la riduzione delle commesse e la corsa al ribasso nelle retribuzioni. (Un tema già affrontato in passato dal Fatto Quotidiano). In questo contesto, chiedere ulteriori sacrifici è semplicemente insultante”.

Nel frattempo, per altro, il provvedimento sembra soprattutto poco utile, specialmente se a parlare sono i numeri. Prendiamo le ipotesi sul gettito fiscale previsto. Le stime, si sa, sono difficili da ponderare anche se qualcuno ha ipotizzato una cifra nell’ordine di grandezza delle centinaia di milioni. Ipotesi, queste ultime, seccamente smentite dal portale specializzato Vita.it che, citando un’intervista al presidente della Confcooperative Luigi Marino spinge decisamente al ribasso queste previsioni. “Quanto valgono queste agevolazioni? Secondo il Corriere assommano a 714 milioni di euro – scrive Vita – . Libero sale a 800. Il Giornale scende a 300. Il Sole 24 ore ridimensiona drasticamente la portata: 40 milioni. In realtà la cifra vicina al vero l’aveva data Luigi Marino: si tratta di 80-90 milioni”.

Se le cifre fossero confermate sorgerebbero numerosi interrogativi circa la validità di un provvedimento capace di compensare soltanto in misura risibile le rinuncia all’aliquota extra per i redditi più alti (oltre 90 mila euro), stimata in circa 2,7 miliardi di euro in tre anni. Certo, a contribuire alla compensazione ci dovrebbe pensare anche il giro di vite sulle cosiddette “società di comodo”, vere e proprie aziende fantasma utilizzate per raccogliere intestazioni di beni di lusso consentendo così ai reali proprietari di eludere il fisco. Ma la pochezza del contributo finale del mondo cooperativo resterebbe comunque evidente. Ed ecco, allora, emergere differenti interpretazioni sul reale senso dell’operazione.

Ad esprimersi in tal senso è stata tra gli altri Susanna Camusso. I tagli agli sgravi delle coop, ha sostenuto la numero uno della Cgil, assomiglierebbero a una sorta di “vendetta del governo” con tanto di sospetti circa la volontà di colpire “tutti quei settori in disaccordo con l’esecutivo”. Parole, quelle della Camusso, che sembrano chiamare in causa “l’eterna partita tra i governi di centrodestra e il mondo cooperativo, bianco e rosso”, per usare l’espressione riportata ieri da Il Giornale, con particolari accenti sul mondo cooperativo della sinistra. Che si tratti di vendetta o meno, in ogni caso, è inevitabile al momento non pensare all’autogol. “Se si crede di colpire una parte politica precisa ci si sbaglia” spiega Olivero, “le cooperative nascono anche nel mondo cattolico”. E proprio questa relazione, ad oggi, rischia di creare l’ennesimo conflitto all’interno della maggioranza mettendo a dura prova i nervi di quella parte dello schieramento che con l’area religiosa mantiene i contatti più importanti e che, proprio per questo, ha ispirato spesso certe prese di posizione da parte dell’esecutivo. “Ce le ricordiamo tutti le assemblee di Confcooperative – sottolinea Olivero – . Sacconi e Tremonti si sono sempre schierati in modo chiaro e forte con il mondo coop, come giustificheranno ora queste decisioni? Adesso mi auguro che ci sia un passo indietro”. In fondo l’ennesimo cambio in corsa non stupirebbe più nessuno.

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