Come per gli aeroporti, in Romagna deve comandare Rimini. Così Bologna, forse, non si fa male. E’ un déjà-vu il piano della Regione Emilia-Romagna sul riassetto delle Fiere locali. Ormai mesi fa, il governatore Vasco Errani e il suo assessore alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli hanno dettato la linea per riuscire a competere a livello internazionale: con buona pace dei ‘piccoli’, che si devono adeguare, i grandi Expo sono tre e si chiamano Bologna, Rimini, Parma. Un copione già letto nell’altra grande partita del sistema regionale, quella degli aeroporti, in cui Errani ha dovuto fondare la società unica tra Rimini e Forlì (nascerà ufficialmente a breve) per evitare che nello scalo della seconda entrasse il privato veneziano Save, temutissimo dal Marconi di Bologna.

L’imperativo dell’ultimo piano, in realtà, è evitare che Bologna e Rimini, i veri colossi fieristici, evitino di scannarsi a vicenda raggruppando attorno a sé tutte le manifestazioni minori. Va detto che BolognaFiere e Rimini Fiera, le uniche strutture in grado di piazzarsi ai vertici del mercato nazionale- dietro Milano- e tentare di reggere la sfida globale, hanno chiuso il 2010 con numeri oramai analoghi. Dopo le difficoltà degli ultimi anni, BolognaFiere, presieduta da un mese a questa parte dall’ex assessore-braccio destro di Errani in Regione, Duccio Campagnoli, ha chiuso il 2010 con un utile netto per la capogruppo di 1,2 milioni di euro e un fatturato in crescita a 66,6 milioni di euro (più 7,4%). Il margine operativo lordo (Ebitda) è salito da 12 milioni e 808 mila euro del consuntivo 2009 a 17 milioni e 714 mila euro del 2010, con un peso in termini percentuali passato dal 12% del 2009 al 16,1% del 2010.

Nel 2010, rispetto all’anno precedente, a Bologna gli espositori sono cresciuti del 9% circa e i visitatori (operatori professionali) sono cresciuti anch’essi complessivamente per circa il 6%. I nuovi dati, quelli del primo semestre 2011, confermano la tendenza: il numero complessivo degli espositori cresce del 5,7% rispetto al semestre precedente. L’aumento del numero degli espositori ha corrisposto anche a una significativa crescita dell’area espositiva venduta, superiore al 2%. I visitatori sono stati 370.000 il 7,5% in più, pari a oltre 26.000 operatori professionali in più. Risultati, questi, conquistati grazie alle manifestazioni principali con le quali BolognaFiere rimane leader nei rispettivi settori: Arte Fiera, Lineapelle, Cosmoprof, Fiera del Libro, Zoomark e da ultima Autopromotec.

In riviera, comunque, ci si difende bene. Sempre scrutando il 2010, il fatturato consolidato del gruppo Rimini Fiera ammonta a 79 milioni di euro (più 0,6% sul 2009). Il margine operativo lordo è di 13,1 milioni di euro, con le società controllate dalla casa madre che vi contribuiscono per quasi un terzo. L’utile prima delle imposte, pari a 4,4 milioni di euro, supera di oltre quattro volte quello dell’anno precedente. Il risultato netto consolidato è di 2,2 milioni, i visitatori ammontano a 1,7 milioni. Guarda caso, sia Bologna sia Rimini rivendicano con orgoglio la corsa al podio sulla medaglia d’oro Milano. “Con questi dati, il gruppo BolognaFiere si conferma il secondo grande centro fieristico italiano, dopo Fiera Milano”, rivendicavano sotto le Due Torri commentando l’ultimo bilancio. “Vantiamo il miglior risultato di tutte le Fiere italiane”, rispondeva da Rimini Lorenzo “il Magnifico” Cagnoni, numero uno dell’Expo romagnolo.

Dunque, la competizione ci starebbe tutta. Come evitarla? Errani e Muzzarelli hanno scelto “la strada dell’integrazione”, assegnando a Rimini la facoltà di inglobare sia Forlì sia Cesena: ovvero, avere campo libero al di là del Sillaro per scongiurare offensive in direzione Bologna. Si spiega così l’operazione, entrata nel vivo proprio in questi giorni, che porterà alla società unica di gestione delle fiere romagnole, con Rimini a recitare il ruolo di leader e Forlì-Cesena costrette ad obbedire. Nel nuovo gruppo fieristico Rimini è al 51%, Cesena al 36,5% e Forlì al 12,5%. Rimini, anche per quanto riguarda il settore congressuale, gestirà le manifestazioni cesenati e forlivesi (rispettivamente, i fiori all’occhiello sono MacFrut e Fieravicola) in assoluta autonomia. Del resto, “parlano i fatturati, i piani industriali e le strategie”, ha ribadito Cagnoni ben conscio della supremazia riminese nei confronti dei ‘cugini’ (basti pensare che la Fiera di Forlì, ad esempio, ha chiuso il suo 2010 con appena 285 mila visitatori- si tratta di spettatori al Palazzetto dello sport compresi- e un ‘rosso’ di 187 mila euro.

In questo scenario, Cesena e Forlì sono terrorizzate dal poter perdere i propri eventi di punta: è il caso, in particolare, della stessa MacFrut, che in futuro potrebbe traslocare alla corte di Cagnoni. Comunque sia, la Regione è convinta che si tratti dell’unica via per ‘controllare’ la Romagna a beneficio di Bologna. Agire in questo modo via Rimini, fra l’altro, consentirà sul fronte Fiere di stroncare sul nascere incidenti diplomatici come quello scoppiato- dietro le quinte- in primavera con Forlì, dove i soci locali avevano organizzato un salone della ceramica cinese (erano già stati prenotati i metri quadrati) in contemporanea niente meno che del Cersaie 2011, il maxi evento della ceramica in scena nel capoluogo regionale dal 20 al 24 settembre prossimi. In quel caso, la resistenza forlivese (protagonista il sindaco Roberto Balzani) aveva ceduto di fronte alla promessa della Regione di un adeguato sostegno da orchestrare in futuro. Senza la società unica romagnola, in effetti, Forlì e Cesena farebbero ben poca strada.

Ne è conscio il Pd forlivese, che anche in questo caso si conferma come uno dei più deboli in Emilia-Romagna. Per cercare di parare i colpi di chi lo accusa di “svendita” a Rimini, il giovane segretario romagnolo Marco Di Maio l’ha buttata sul piano della sopravvivenza: “Il futuro delle piccole Fiere come sono quelle di Forlì e Cesena si gioca su un tavolo che non è quello della polemica politica, pur comprensibile visto il disastro in cui il centrodestra sta portando il Paese; si gioca sul piano del mercato e dell’economia. Allora se si vuole bene a Forlì, anziché proclami barricaderi e privi di senso compiuto, occorre offrire ipotesi concrete per valorizzare le potenzialità che ci sono. In un momento in cui le sfide sono globali, la competizione si gioca a livello europeo e mondiale, pensare che Forlì e Cesena possano continuare con il loro trantran quotidiano- ha fatto presente il segretario forlivese del Pd- è un pensiero Novecentesco. Così come affrontare la discussione solo con percentuali, è altrettanto fuorviante”.

Pdl e Lega Nord, da parte loro, infieriscono senza pietà. Il capogruppo berlusconiano alla Provincia di Forlì-Cesena, Stefano Gagliardi, martella con la domanda delle domande: “Perché non si è proceduto alla fusione direzionale amministrativa e gestionale  delle fiere di Forlì e Cesena, come previsto e auspicato da tutti, ma si cede il 51% a Rimini?”. Il numero uno della Lega forlivese, Jacopo Morrone, uomo del deputato locale Gianluca Pini, ha sentenziato: “Fondere le tre Fiere di Forlì, Cesena e Rimini e svendere il 51% di questa presunta nuova società al polo riminese è uno fra i più grandi errori strategico-politici che questa classe dirigente del Pd stia per commettere”.

Più che strateghi, comunque, i Democratici forlivesi pure in questa occasione sembrano essere degli spettatori. In ogni caso, i giochi sono fatti. La società unica nascerà entro ottobre. Forlì porterà in dote il Pala Credito di Romagna, il centro congressi e i padiglioni; Rimini aspetta di inaugurare il proprio nuovo palacongressi, ormai in dirittura d’arrivo; Cesena spera di non perdere il proprio agroalimentare. “Il confronto che si è avviato con Forlì e Cesena dimostra come, quando si tengono insieme le dinamiche reali del mercato e la volontà di fare passi in avanti, lasciando perdere i campanili, sia possibile pensare a delle politiche di area vasta nell’interesse del nostro territorio, che ha tutte le caratteristiche per competere a livello internazionale”, è la lezioncina in politichese di Andrea Gnassi e Stefano Vitali, sindaco e presidente della Provincia di Rimini, che ancora una volta appaiono vincitori.

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