Un ragazzo su tre, giù da noi, non ha lavoro. Sarebbe un primato europeo, se fossimo Europa ancora. L’economia della mafia, almeno al Sud, è metà del totale. Il governo è fallito, ma non se ne vede a Palazzo uno nuovo. A Palazzo si pondera: Tremonti, Montezemolo, Badoglio, Solaro della Margherita?

E intanto lo sfascio va avanti. I sindaci democratici – che pure il popolo ha imposto, senza problemi – non hanno, intorno al Palazzo, molti amici. Lo sciopero generale, extrema ratio, che i capi dei lavoratori hanno infine proclamato, dopo molte esitazioni, per dare l’allarme al Paese, non sembra, in tv e sui giornali, un argomento centrale. Contano di più le veline.

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Tv e giornali: quggiù in Sicilia, esemplarmente, son tutti di una stessa persona. Da quasi quarant’anni, ben prima di Berlusconi. Quaggiù, la tirannia è senza sfumature. Nel quartiere il mafioso, a Palazzo il politico “amico”, e nell’informazioneil bavaglio. Noi non ci rassegniamo, noi siciliani. Otto giornalisti uccisi. E tre generazioni di ragazzi, una di seguito all’altra, a fare informazione povera e antimafiosa.

Cos’altro dobbiamo fare, noi siciliani?

Che cosa ha il dovere di dire, in questa disperazione e in questo dramma, un antimafioso superstite, un “carusu di Fava” di sessant’anni? Può restarsene zitto? Oppure, standosi zitto, vi tradirebbe?

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Ah, non è che non si muovano, nell’Isola Felice, politici e baroni. Degl’intrighi di corte, delle alleanze, dei tradimenti, delle alleanze rovesciate, s’è perso il conto. Ogni tanto uno di loro s’affaccia al balcone e “Cittadini! – proclama – Ecco la politica nuova! La vera strada! La geniale politica che salverà il Regno!”. Noi villici, col naso all’aria, lo ascoltiamo pazienti. Ma tutte le geniali idee dei baroni, a quanto pare, hanno come preliminare condizione (non per avidità ci mancherebbe, ma solo nell’interesse del regno) la distribuzione fra loro baroni – siano essi borbonici o liberali – di seggiole, consulenze, assessorati e poltrone.

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“Va bene, giù da voi in Sicilia…”. Altro che Sicilia, amici miei. E’ della californiana Newark che parliamo, quando parliamo di Catania o Palermo. Di Newark, di Budapest, per non dire Milano o Ravenna. Esagero? Niente affatto. A Newark già nel ’96 c’era l’Invision della catanesissima Famiglia Rendo. Che a Budapest, un paio d’anni fa, possedeva ben due quotidiani. Di questo si parla quando si parla di Catania, non solo degli intrallazzi locali.

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E le tv, i giornali, l’informazione? Dopo trent’anni, mi sembra ancora di essere al punto di partenza, noi per la strada (e ora in internet) a fare i nostri fogli poveri e loro barricati là dentro a fare il notiziario di corte.

Le ultime notizie sono le trattative fra De Benedetti e Ardizzone (cioè Ciancio) per acquisire progressivamente al gruppo De Benedetti il Giornale di Sicilia (cioè La Sicilia); e che in ogni caso Ciancio entro la fine dell’anno entrerebbe nella sua orbita abbandonando la vecchia agenzia di pubblicità Etas Kompass (Fiat) per abbracciare la Manzoni & C. (gruppo L’Espresso).

Sarà un bene, sarà un male, ma di certo noi villici non c’entriamo. E sappiamo dove va a finire ogni volta il cetriolo nella storia dell’ortolano.

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Va bene. E ora? Ci lasciamo così, dopo aver chiacchierato? E no, santiddìo, stavolta no. Stavolta giochiamo grosso, puntiamo tutto quello che abbiamo. Il nome, la storia, la forza dei Siciliani. Amici, rimettiamo in campo i Siciliani. Loro hanno i killer, loro hanno i miliardi – ma noi, noi uomini di questa terra abbiamo i Siciliani.

Scusate, fratelli miei, se tutto è stato così improvviso. Non vi offendete, ve ne prego, non voglio imporvi (io?) essere presuntuoso. Io sono semplicemente il compagno che s’è svegliato più presto degli altri stamattina, che ha visto l’orizzonte in fiamme e le anime che gridano dolore, e senza pensarci un momento (pensare, in questi casi, a che serve?) s’è messo a urlare “Allarme! Svegliamoci! Ci vogliono i Siciliani!”.

Non è merito mio, e neanche mia colpa. Prendetevela con coloro (il vecchio pazzo Scidà, il sovversivo Caselli, quel giacobino ostinato di dalla Chiesa) che hanno svegliato me, per svegliare noi tutti.

E neanche vi dico “Rifacciamo i Siciliani. No. “Facciamo i Siciliani. Facciamoli ora, come se uscissimo ora insieme dalla vecchia birreria. E non per nostalgia, ma per rabbia di oggi e per amore.

E sarà dura, per noi vecchi, accettare che questo non sarà il nostro giornale. Sarà il giornale di Norma, di Agata, di Sonia, di Giorgio, di Morgana… Loro i ragazzi di oggi, loro i Siciliani.

Qui alcune idee per i Siciliani

La Repubblica tradita

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