Buona parte delle scuole italiane sfora ampiamente i tetti ministeriali delle spese dei libri di testo. Le famiglie sono costrette a pagare più di quanto previsto per legge e, a settembre, si ritrovano una mini-stangata anche per l’inizio dell’anno scolastico. Un’indagine Adiconsum rivela come il fenomeno sia diffuso soprattutto al Nord, dove sfora il 62% delle classi, contro il 47,5% al Centro e il 52,5% al Sud. Secondo l’associazione si tratta di spese maggiori che vanno ben al di sopra del 10% tollerato dalla legge. Ad esempio per un quinto anno di istituto magistrale del Nord si spendono circa 400 euro invece che i previsti 264, e per un secondo anno di un liceo scientifico nel Sud si spende circa 374 euro invece dei permessi 200. Insomma, stando ai dati dell’associazione e facendo un rapido calcolo, la spesa va dal 30 al 45% in più di quanto permesso. E dire che i tetti, introdotti con decreto ministeriale n. 43 del 2008, dovevano servire proprio ad evitare il solito salasso che aspetta le famiglie italiane al rientro dalle vacanze e all’inizio della scuola.

L’indagine Adiconsum ha preso in considerazione un campione di 10 classi (dal I al V anno) di 48 istituti equamente distribuiti sul territorio nazionale, per un totale di 480 classi. Il risultato è che al nord 100 classi su 160 non rispettano i limiti di spesa, al centro 82 su 160 e al sud 84 su 160. Questi dati smentiscono sia quanto affermato dal Ministero dell’Istruzione (Miur) sul rispetto dei tetti di spesa da parte delle scuole, sia le parole dello stesso ministro Gelmini, che il 26 agosto ha dichiarato che le scuole che hanno sforato il tetto di spesa “non sono certo la maggioranza. Per ora siamo al 5% e, generalmente, lo sforamento non supera il 10% del tetto di spesa”. Sempre l’indagine Adiconsum svela inoltre i poco corretti “escamotage” messi in atto da qualche istituto scolastico che per aggirare i famigerati tetti di spesa, come ad esempio inserire tra i libri “consigliati” testi invece fondamentali che gli studenti sono costretti ad acquistare.

“Chiediamo al Miur di aprire al più presto un tavolo per la verifica dello sforamento dei tetti spesa”, chiede Pietro Giordano, Segretario generale Adiconsum. Puntuali le assicurazioni da parte del Ministero che promette provvedimenti contro chi continuasse a trasgredire la legge. La Gelmini in persona ha tuonato che è pronta ad inviare “gli ispettori nelle scuole che sforano pesantemente i tetti di spesa”. Si potrebbe prenderla sul serio, se questo copione non fosse ripetuto ogni anno. Ogni settembre, infatti quando inizia la scuola, le famiglie italiane si trovano a dover sborsare sempre di più, nonostante leggi e decreti i libri non bastano mai e chi di dovere, immancabile, promette che “dall’anno prossimo si cambia musica”.

Tant’è che l’unica vera novità di quest’anno è il flop proprio dei tetti ministeriali di spesa introdotti in pompa magna nel 2008. Questi tetti prevedono spese massime per i libri di testo delle scuole secondarie di I grado (290 euro per il 1° anno, 115 per il 2° e 130 per il 3°), per le scuole secondarie di II grado (ad esempio 330 e 190 euro per i primi due anni di liceo classico, 315 e 220 per gli istituti tecnici ad indirizzo tecnologico e 250 e 160 per gli istituti professionali ad indirizzo commerciale) e per le scuole secondarie di II grado a vecchio ordinamento (ad esempio 305 euro per l’ultimo anno di un liceo scientifico, 157 per un istituto d’arte e 223 per un istituto tecnico commerciale). Ma il problema, uno dei tanti a dire il vero, è che “non ci sono controlli sulle dichiarazioni delle scuole al ministero, nemmeno a campione”, attacca Pietro Giordano.

Il risultato è che i tetti vengono ignorati, la spesa dei libri continua ad aumentare di anno in anno, e le famiglie non possono fare a meno che aprire il portafogli. “Case editrici, ministero, consumatori, è un rimpallo di responsabilità che alla fine non comporta nessun beneficio pratico a chi si accinge a sborsare anche 600 euro per poter comperare i libri”, attacca Lorenzo Miozzi, presidente del Movimento Consumatori. “C’è bisogno di stabilire regole che non possano essere aggirate né dagli insegnanti né dalle case editrici, solo così sarà possibile agire concretamente per risolvere la questione”.

La grande soluzione doveva essere, nel 2009 come oggi, l’introduzione dei libri elettronici, i cosiddetti “ebooks”. La circolare del Ministero dell’Istruzione del 10 febbraio 2009 puntava proprio sulle nuove tecnologie per evitare il consueto salasso settembrino alle famiglie italiane, aprire un nuovo mercato, risparmiare carta e diminuire anche il peso degli zaini dei ragazzini. Ma dopo più di due anni sono solo una ventina in tutta Italia le scuole che ne fanno uso, come l’istituto Majorana di Brindisi, l’istituto professionale Scarambone di Lecce e il Fermi di Francavilla Fontana sempre in Salento. “La verità è che gli ebooks non convengono a nessuno, né alle case editrici né a tanti professori, appartenenti ad una generazione che di informatico ha davvero poco”, sostiene Giordano. Gli ebooks, secondo stime ministeriali, farebbero risparmiare alle famiglie minimo il 30 % della spesa annuale per i libri, ma questo si ripercuoterebbe giocoforza sugli incassi delle case editrici, molto restie a mollare un mercato sicuro in un Paese come l’Italia dove i libri si vendono davvero poco.

“È importante ridare alla cultura il suo peso e pensare che i testi di scuola sono un investimento, uno strumento culturale e non solo una spesa”, ha recentemente dichiarato il Ministro Gelmini. Ma a pagare restano le famiglie italiane.

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