Tra le tante segnalazioni che mi arrivano – episodi di malascuola, soppressioni di diritti a cui stiamo rischiando di fare il callo, provvedimenti discutibili, ricorsi – uno mi ha colpita per la sua anomalia.

Siamo tutti sensibili al grido di allarme dei rappresentanti degli enti locali che, in maniera effettivamente trasversale, dopo l’annuncio dei contenuti della manovra bis, ci hanno spiegato come le amministrazioni non potranno più, a causa dei tagli, far fronte alle richieste della cittadinanza. Che pagherà direttamente – anche questa è un’abitudine pericolosa, in un Paese caratterizzato da percentuali straordinarie di evasione fiscale – il prezzo di sacrifici che tutti dovrebbero affrontare. Il sindaco di Roma, Alemanno, è stato tra i più indignati protagonisti della protesta degli amministratori locali: i tagli ricadranno su trasporti, scuola, viabilità, infrastrutture, vita quotidiana, insomma.

L’anomalia del caso che sto per raccontarvi è costituita dal fatto che, per una volta, i soldi ci sono. Ma non si sa che fine abbiano fatto. E, se la fine è quella dichiarata, non si capisce perché non vengano spesi.

Selva Candida, periferia nord-ovest di Roma: uno degli innumerevoli quartieri sorti non da un preciso progetto, ma dall’espansione indiscriminata di un’edilizia (inizialmente, siamo negli anni ’70, abusiva) incauta e forsennata, irrispettosa di qualsiasi criterio di ragionevolezza urbanistica e di rispetto per le condizioni di vita in una città difficile e caotica come Roma. Negli anni la gente è andata ad abitare lì, senza che venisse avviato un progetto di servizi e di infrastrutture in grado di soddisfare la domanda: ma non ci parlano da sempre di valorizzazione delle periferie? Coppie giovani, con figli: necessità di scuole. Nel 2007 viene presentato il piano per una nuova scuola elementare, si individua l’area, si stanziano i fondi (5 milioni di euro), si stimano 2 anni per la conclusione dei lavori (consegna entro febbraio 2009). Durante i primi rilievi viene trovato un pozzo romano, e tutto si blocca. I bambini di zona rimangono senza scuola e continuano ad essere costretti a spostarsi nei quartieri limitrofi per frequentarne una. Dal Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana è emerso che la Soprintendenza ha dato il parere favorevole all’edificazione in data 01 Marzo 2011, i soldi per la costruzione sono già accantonati in bilancio, l’appalto è stato già affidato all’impresa appaltatrice. Ma nulla si muove.

È stata organizzata una raccolta di firme, depositate il 6 luglio. Un’altra storia di ordinaria incuria, aggravata dal fatto che l’emergenza della situazione non spinge l’amministrazione locale a dar conto ai cittadini di che fine abbiano fatto i 5 milioni, né quali siano le intenzioni per il futuro. Farragine della macchina burocratica o storno verso altre destinazioni? Non è dato sapere, nell’epoca (presunta) della trasparenza e della rendicontazione.

Articolo Precedente

Scuola, il bluff dei master per scalare
le graduatorie per il posto fisso

next
Articolo Successivo

La propaganda del libro digitale

next