“Così fan tutti” non è una versione al maschile del noto film di Tinto Brass, ma la giustificazione che si sono confezionati quegli imprenditori di Rimini, Riccione, Cesenatico e Cervia che hanno scelto di lavorare al di fuori della legalità. A denunciarlo è l’anonimo comitato Schiavi in riviera che opera dal 2008 “per sensibilizzare i cittadini e informare i lavoratori stagionali sui loro diritti negati”. Membri del comitato, all’inizio della stagione turistica, hanno risposto a diversi annunci di lavoro, registrando i colloqui telefonici.

Ne emerge che tfr, giorno libero e ferie pagate sono optional. Lo stipendio va  dai 1200 ai 1600 euro per un orario di lavoro di 10-12 ore (7 giorni su 7), quando i dipendenti dovrebbero farne 6,40 per 6 giorni.  “Il giorno libero non c’è, come nel 99 per cento degli alberghi. Solo gli hotel molto grandi, che hanno la possibilità di raddoppiare i turni, lo fanno”. Questo è quanto afferma il direttore di un albergo di Cervia nella registrazione telefonica, salvo poi smentire tutto, quando Il Fatto Quotidiano lo interpella per una verifica.

Il direttore cervese è in buona compagnia. Una collega della vicina Cesenatico, allorché il falso aspirante cameriere di Schiavi in riviera dimostra stupore per l’orario lavorativo di 12 ore, replica: “Noi non siamo la mosca bianca, questi sono gli orari degli alberghi (..) Il giorno di riposo è virtuale, non esiste proprio, dicono che ce l’hai, ma non ce l’hai”. Non contenta arriva la stoccata moralista: “I soldi vanno sudati e guadagnati (..), la stagione è dura, o lo accetti o vai altrove. Pensaci prima di rispondermi, perché io poi ti mando via (..) Se uno non si comporta così, che vada fuori dalla porta, dietro di lui tanto ce ne sono altri dieci che chiedono di lavorare”. La telefonata si conclude con la dichiarazione dell’escamotage usato nel contratto: “Noi mettiamo 6 ore e 40, quello che guadagni per le altre ti viene dato fuori busta”, leggi in nero.

Un hotel di Rimini, a Marina centro, stupisce per la conoscenza dei contratti di lavoro: “Non penso che ci sia il tfr nel lavoro stagionale”. Un altro a Cesenatico chiama in causa un inesistente “contratto estivo”. Sul giorno di riposo settimanale poi c’è un’altra teoria fantasiosa: “Se uno è maggiorenne non c’è bisogno del giorno libero”.

“Sono persone ignoranti, nel senso letterale del termine –è il commento di Patrizia Rinaldis, presidente di Aia (associazione italiana albergatori) Rimini. Chi ha dato quelle risposte ignora i reali termini del contratto nazionale che viene applicato. Basta controllare una busta paga: gli stagionali hanno una tariffa che è onnicomprensiva di tredicesima, quattordicesima, maggiorazione stagionale, permessi, tfr e possibilità di monetizzare le ferie non godute alla fine del periodo di lavoro”.

“Noi il nostro impegno ce lo mettiamo –continua Rinaldis- facendo formazione agli albergatori con convegni in tutta la riviera. Sono la prima a combattere contro le aziende non sane. Ci sono ancora albergatori che non operano nella completa legalità, ma io sono convinta che siano poche mele marce, non paradigmatiche della realtà riminese”.

La presidente di Aia invita a non prestare attenzione ai soli albergatori: “Diritti e doveri –afferma- devono essere rispettati da entrambe le parti”. L’opinione di  Rinaldis è condivisa da Alessandro Giorgetti, presidente della Federalberghi Emilia-Romagna e dell’associazione albergatori di Bellaria: “Non bisogna essere manichei nel giudicare: un cameriere dovrebbe sapere 4 lingue, se non le sa viene penalizzato rispetto al contratto nazionale? No e il suo stipendio rimane quello. A ciò si aggiungano i costi per il vitto e l’alloggio del personale a carico degli albergatori:  un lavoratore spende 1,20 euro al dì (35 euro al mese) per mangiare e dormire. Non mi sembra molto e allora ci vuole un po’ di elasticità anche sull’orario: se una sera si finisce 10 minuti più tardi, credo che ci si possa venire incontro”.

Rinaldis e Giorgetti sottolineano che spesso le proposte di avviare un rapporto di collaborazione non ortodosso provengono dai lavoratori stessi. Ciò è confermato da Di Angelo Alduino, presidente di Confcommercio Rimini e Mirco Pari, direttore della Confesercenti riminese: “C’è chi chiede –precisa Di Angelo- se deve lavorare solo due mesi d’estate, di essere tenuto in nero, così può continuare a percepire il sussidio di disoccupazione. Lo stesso trattamento è richiesto da molti che fanno gli extra nei fine settimana”.

“È gravissimo” per Mauro Rossi, segretario generale di Filcams Cgil Rimini “quanto detto da Rinaldis e Giorgetti”. “Un imprenditore non può sostenere che è il dipendente ad avere chiesto di lavorare in nero. La responsabilità è del datore di lavoro e, se uno offre un tipo di contratto illegale, bisogna dirgli semplicemente di no”. Anche sulla questione del numero di furbetti il sindacalista prende le distanze dall’associazione degli albergatori: “Io penso, all’opposto di Rinaldis, che tra gli imprenditori ci sia qualche mela buona in un cesto di mele marce”.

“Non si dimentichi poi –aggiunge Rossi- che gli stagionali impiegati per 12 ore al giorno, se fossero in regola, dovrebbero percepire uno stipendio ben maggiore: sui 2100 euro al mese. La cifra che viene loro sottratta incide anche sull’indennità di disoccupazione e sul trattamento pensionistico, che invece vengono calcolati sulla paga base di 1300 euro. È un po’ come un cane che si morde la coda: le persone che accettano quelle condizioni hanno bisogno di un reddito qualunque esso sia e non chiedono di essere messi in regola per le ore che effettivamente lavorano, perché altrimenti non vengono assunti”.

Nonostante gli sforzi di “moralizzazione” di Federalberghi, i dati della Guardia di Finanza di Rimini, sui controlli effettuati da giugno a oggi in hotel, ristoranti e bar, fanno luce su una situazione che è difficile definire di poche mele marce. La categoria più sanzionata è proprio quella degli albergatori. In 50 controlli, effettuati con l’ispettorato del lavoro, sono stati scoperti 111 lavoratori in nero. “Lavorano generalmente nelle cucine o nei servizi ai piani”, precisa il colonnello Enrico Cecchi. “Abbiamo anche ricevuto una decina di esposti per emolumenti pattuiti e non pagati”. E non siamo ancora entrati nel clou della stagione: “È ad agosto –avverte Cecchi- che con l’aumentare delle presenze turistiche cresce anche il ricorso a forme di lavoro non regolare”.

“Spesso, continua il colonnello, dove c’è un’irregolarità fiscale si riscontrano anche casi di lavoro sommerso”. Il primato negativo nell’emissione di scontrini o fatture tocca di nuovo agli hotel: “su 205 ispezionati 178 sono risultati irregolari. “Certi imprenditori pensano che i contributi siano soldi persi. È un problema culturale, anche se negli anni qualche miglioramento c’è stato”. Così analizza la situazione della riviera Di Angelo di Confcommercio. Gli fa eco il collega di Confesercenti, Pari, convinto che “l’avidità non dovrebbe far parte di questo sistema, perché se vogliamo che l’economia cresca è necessario capire che il welfare è importante”.

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