Ancora un anniversario, domani, per Bologna, che il 2 agosto 1980 subì il più grave degli attentati riconducibili al periodo della strategia della tensione. “La nostra associazione compie 30 anni, ma la nostra battaglia civile non è ancora compiuta”, si legge sui manifesti affissi nei giorni scorsi in città dai familiari delle 85 vittime e dei 200 feriti. Era il 1 giugno 1981, erano trascorsi 10 mesi dalla bomba fatta di tritolo e T4 che esplose alle 10.25 nella sala d’aspetto di seconda classe, e quel giorno 40 persone (ma presto sarebbero arrivare a 300) – colpite in via diretta o indiretta dal massacro – annunciavano che si sarebbero battute per “ottenere con tutte le iniziative possibili la giustizia dovuta”.

Governo assente per la seconda volta, non accadeva dal 1993. Oggi quel compito non lo considerano ancora esaurito. Malgrado i 30 anni dalla nascita dell’associazione e i 31 dalla bomba. Non lo considerano esaurito perché all’appello dei condannati mancano i mandati della strage di Bologna e per trovarli l’associazione vittime ha depositato alla procura di Repubblica lo scorso 13 gennaio un primo esposto in cui chiede l’acquisizione di atti derivanti da altre indagini e da altri processi per terrorismo, a iniziare da quello conclusosi a fine 2010 a Brescia per la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Un secondo – è stato annunciato qualche giorno fa – verrà presentato a inizio autunno per approfondire l’excursus documentale che, secondo i familiari, sarebbe utile a risalire chi i morti del 2 agosto 1980 li ha voluti armando gli esecutori materiali e beneficiando dei depistaggi di Sismi e P2.

Ma il compito dei familiari non è ancora finito anche per altre ragioni. Innanzitutto perché, ancora oggi, l’associazione si deve scontrare con il governo che domani, per la seconda volta consecutiva, non ci sarà né in Comune né in piazza Medaglie d’Oro, di fronte alla stazione. Un comunicato della settimana scorsa ha fatto sapere che in rappresentanza dell’esecutivo sarà presente il prefetto, Angelo Tranfaglia. Niente presidente del consiglio, niente ministri né sottosegretari, dunque.

Bondi e i fondi Fus tagliati al concorso musicale 2 agosto. L’ultima volta che un membro del governo si era fatto vedere era il 2009. Sandro Bondi, ai tempi ai beni culturali, era salito sul palco allestito davanti alla sala d’aspetto ed era stato sommerso dai fischi. Fischi che ogni anno, dal 1993 in avanti (quando Carlo Azeglio Ciampi diede il via alla prassi della presenza dell’esecutivo accanto ai familiari, in piazza), hanno bersagliato ogni delegato di Roma. Indipendentemente dallo schieramento e dai colori politici.

Ma Bondi deve essersela presa particolarmente a male, se palazzo Chigi ha smesso di venire. E, rientrato a Roma, nella riorganizzazione dei finanziamenti Fus (il fondo unico per lo spettacolo), sono saltati proprio i soldi che andavano al Concorso internazionale di composizione “2 agosto”, competizione internazionale che negli anni ha tenuto viva la memoria dei fatti di Bologna, ma ha soprattutto dato la possibilità a musicisti emergenti di tutto il mondo di farsi conoscere. “L’importo del finanziamento era poca cosa”, ha detto Fabrizio Testa, direttore artistico del concorso, “e dunque non ci ha danneggiato più di tanto. Sta di fatto che questo è un caso unico nella storia del Fus. Noi però andiamo avanti e l’alto patrocinio del presidente della Repubblica rimane saldo”.

“Contro di noi ritorsioni perché parliamo di P2 e risarcimenti alle vittime”. I familiari, poi, devono continuare nell’obiettivo che si sono dati 30 anni fa perché non smettono di parlare di P2, piano di rinascita democratica, segreto di Stato (e sua rimozione dai fatti di strage e di terrorismo), connivenze di apparati pubblici con chi ha eseguito materialmente gli attentati. E non solo quello della stazione, ma tanto per rimanere in zona l’Italicus del 4 agosto 1974 e il rapido 904, la strage di Natale del 23 dicembre 1984.

“Subiamo ritorsioni perché continuiamo a ricordare questi temi”, dice Paolo Bolognesi, il presidente dell’associazione che dal 1996, anno in cui prese il posto di Torquato Secci. “E continuiamo a dire anche che non si sono ancora visti i documenti degli ‘armadi della vergogna‘ che il 9 maggio scorso, giorno in memoria di tutte le vittime del terrorismo, Silvio Berlusconi aveva promesso di inviare a Bologna. Non mi risulta che in procura sia arrivato qualcosa”.

Nulla neanche per l’applicazione della legge 206 del 2004, quella che dovrebbe concedere indennità e pensioni a chi ha riportato a causa del terrorismo forme di invalidità fisica superiori all’80 per cento. Il condizionale è d’obbligo perché, malgrado i commi di legge dicano esplicitamente da 7 anni che questo deve accadere, al momento i familiari delle vittime denunciano l’inattuazione della norma.

Non ci sarà l’esercito, ma i bambini, “vera forza eversiva” della memoria. E invece è arrivato altro, nelle settimane che hanno preceduto la commemorazione ufficiale. È successo che un deputato del Pdl, Fabio Garagnani, ha invocato la presenza dell’esercito a Bologna il 2 agosto per presunto pericoli all’ordine pubblico. Per lui le indagini su azioni anarco-insurrezionaliste condotte in primavera, le proteste no Tav e il ricordo di 85 morti per mano terroristica sono tante facce di un unico dado eversivo. Ma la detonazione di dichiarazioni di questa risma è stata presto silenziata dalle parole del ministro della difesa, Ignazio La Russa, per il quale “bastano carabinieri e polizia”.

Scongiurata la presenza dei militari, dunque, nel trentunesimo anniversario della strage alla stazione di Bologna, si darà largo ai giovani. Anzi, ai giovanissimi, e alle loro “gocce di memoria”. Unendo idealmente la strage nazista di Marzabotto e i fatti del 2 agosto 1980, ci sarà posto dunque quest’anno per due novità. Da un lato due ragazzini di 11 e 14 anni – Farana, dello Sri Lanka, e Marco, italiano – saliranno sul palco alla stazione per prendere la parola insieme a Paolo Bolognesi e a Virginio Merola, sindaco di Bologna.

Dall’altro, in un percorso artistico e didattico portato avanti nella scuola di pace di Montesole e in alcune medie della provincia, nell’aiuola di piazza Medaglie d’Oro sarà allestita un’installazione creata da bambini per ricordare gli effetti delle violenze sulla popolazione inerme. Perché, come ha detto l’assessore alla scuola della Regione Emilia Romagna, Patrizio Bianchi, “la creatività dei giovani” finalizzata alla preservazione della memoria è la “vera forza eversiva” di questo Paese.

Articolo Precedente

Dopo Ronchi ecco Buzzoni: Ferrara alla conquista di Bologna. O quasi

next
Articolo Successivo

Civis, partono le rogatorie verso la Francia sui documenti di Irisbus

next