Tra i primati alla rovescia di cui possiamo vantarci c’è anche quello di essere i maggiori produttori-consumatori di cemento nel mondo, due-tre volte gli Stati Uniti, il Giappone, l’Unione Sovietica: 800 chili per ogni italiano. E lo spreco porta al consumo irreversibile di quella risorsa scarsa e irriproducibile che è il territorio. Gli esperti calcolano che nell’ultimo trentennio abbiamo sommerso sotto cemento e asfalto un quinto dell’Italia (circa sei milioni di ettari): e che andando avanti con questo ritmo, tra tre o quattro generazioni tutta l’Italia sarà consumata e finita, ricoperta da un capo all’altro da un’ininterrotta e repellente crosta edilizia e stradale, con tutte le catastrofiche conseguenze immaginabili, inquinamento, dissesto idrogeologico, cancellazione di paesaggio e natura. L’Italia è dunque un paese a termine, dalla topografia provvisoria, che si regge su un avverbio: questa foresta non è ancora lottizzata, quel centro storico è ancora ben conservato, questo tratto di costa non è ancora cementificato ecc. E lo diciamo ben sapendo che il peggio deve ancora venire.”
Così Antonio Cederna, in Brandelli d’Italia.

Era il 1991 e il peggio doveva ancora venire. Secondo il rapporto Ambiente Italia 2011 di Legambiente, negli ultimi 15 anni il consumo di suolo è drammaticamente cresciuto raggiungendo una superficie stimata equivalente a quella di Puglia e Molise messe insieme (2.350 ettari).

Antonio Cederna – forse un po’ ingenuamente – etichettava nel suo La distruzione della natura in Italia del 1975, l’economia che c’è a monte del consumo di territorio come di destra. In realtà già allora si capiva che il consumo di territorio non ha colorazioni politiche: è grigio come il cemento. La Liguria, ad esempio, regione tradizionalmente di sinistra, aveva già perso negli anni Settanta buona parte dei suoi aranceti per fare spazio alle seconde case di torinesi e milanesi, ed è proprio in Liguria che nasce il fenomeno della rapallizzazione, condannato anche da un giornalista conservatore e illuminato come Indro Montanelli.

Se poi ci spostiamo più avanti negli anni e arriviamo al primo decennio del terzo millennio dopo Cristo, ecco l’esempio della regione ancor più tradizionalmente di sinistra, l’Emilia-Romagna, in cui negli ultimi  cinque anni – secondo l’Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu) – il territorio urbanizzato è cresciuto del 8,1 per cento. E l’Osservatorio Nazionale per il Consumo di Suolo (Oncs) ha stimato che in Emilia Romagna dal 1975 ad oggi si è costruito con un ritmo di 8 ettari al giorno.

E proprio dall’Emilia-Romagna proviene la potentissima Cmc, la cooperativa rossa, già coinvolta nel disastro ambientale del Mugello (linea alta velocità Firenze-Bologna), oggi impegnata nell’ampliamento della base Nato Dal Molin (dopo la base di Sigonella), che dovrebbe partecipare alla costruzione del Ponte sullo Stretto, e che dovrebbe altresì realizzare il cunicolo esplorativo della linea ad alta velocità Torino-Lione. Perché non ci sono solo le case a depredare il territorio…

Per fortuna la gente comincia a prendere coscienza e arriva qualche piccolo segnale di speranza: da Domenico Finiguerra, dai Comuni virtuosi, dal Movimento Stop al Consumo di Territorio. E qui invito tutti ad aderire all’appello da quest’ultimo lanciato in rete.

Non è tantissimo, ma è già molto dopo che per anni si è subita passivamente la logica brutale ed insensata di questa economia, che ruba il futuro a noi tutti.

In ultimo, sempre sul versante positivo: la multinazionale Ikea, che ci tiene a dare di sé un’immagine ecosostenibile. Parafrasando Albanese si potrebbe affermare: “Ecosostenibile una beata m…”. Ha realizzato il più grande centro vendita d’Europa su terreni agricoli di alta qualità a Collegno e finalmente ha ricevuto un rifiuto a realizzare un secondo punto vendita in Piemonte con l’occupazione di altri 16 ettari, sempre di terreni agricoli.

Per chi voglia di approfondire l’argomento, è ovviamente istruttivo leggersi, oltre al già citato Cederna, La colata di Sansa, Garibaldi, Massari, Preve e Salvaggiulo, e le opere dell’amico Luca Mercalli.

Per i pigri, sarà sufficiente ascoltare Fabbricando case del mai troppo rimpianto Rino Gaetano.

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