Berlusconi ha ottenuto il suo guardasigilli previtiano senza nemmeno un battito di ciglia da parte di Napolitano, che ha pure incassato con nonchalance il mini-rimpasto, con la nomina-premio alle politiche comunitarie della pasionaria, figlia d’arte, Annamaria Bernini, lanciata da mesi sul fronte mediatico della bufala di “Ruby nipotina di Mubarak” che ha fatto il giro del mondo.

Francesco Nitto Palma è il nuovo ministro della Giustizia e Angelino Alfano si potrà dedicare a tempo pieno al “partito degli onesti”, ancora in stato confusionale per l’autorizzazione all’arresto di Papa.

Forse non è cambiato niente nel programma del governo per la realizzazione in tempi contingentati della paralisi della giustizia penale, dell’impunità senza confini e della guerra con ogni mezzo ai magistrati che operano secondo la Costituzione. Forse Nitto Palma garantisce solo una perfetta continuità con il suo predecessore già al servizio di uno contro i diritti di tutti, e in questo senso si è espresso anche un esponente di rilievo dell’Idv come Massimo Donadi. Io credo invece che la nomina di uno con il curriculum quasi ventennale di Francesco Nitto Palma, già negli anni ’90 a via Arenula prima con Alfredo Biondi e poi con Filippo Mancuso (il ministro anti-pool Mani Pulite del governo Dini alla fine sfiduciato), promotore nel 2002 di una immunità-impunità parlamentare totale, della prescrizione salva-previti del 2007, un ex Pm che ha attaccato in modo scomposto ad ogni condanna i colleghi colpevoli di occuparsi di Previti e Dell’Utri, sia una tappa ulteriore verso la barbarie istituzionale.

Con questa nomina c’è il coronamento di un progetto di asservimento totale della giustizia alle esigenze giudiziarie di pochi, per motivi inconfessabili quanto evidenti, che non si era ancora pienamente realizzato; c’è il compimento del capolavoro che aveva tentato Berlusconi nel ’94 quando voleva Previti alla giustizia che, forse è il caso di ricordarlo, era al tempo “solo” il suo avvocato d’affari, sventato con determinazione da Oscar Luigi Scalfaro.

In fondo Angelino Alfano era poco più di un signor nessuno, un giovane avvocato siciliano plasmabile come pongo dalle mani dei difensori parlamentari dell’inquilino di palazzo Grazioli, un ministro a servizio intero che firmava le leggi ad personam dettate dalle esigenze processuali del giorno.

Franceso Nitto Palma gode di luce “propria”, anche se originata dall’amicizia di ferro con il pregiudicato che si poteva permettere di minacciare non velatamente il suo cliente a palazzo Chigi; ha un curriculum quasi inimitabile e una pratica di caccia al magistrato scomodo senza confronti; ha i contatti e le conoscenze “giuste” ai massimi livelli avendo ricoperto ruoli direttivi al ministero della giustizia fin dal primo governo Berlusconi; è parlamentare con Forza Italia dal 2001, sottosegretario all’interno dal 2008.

Paradossalmente, nel modo peggiore e più pericoloso per la giustizia e i cittadini, il nuovo guardasigilli può persino realizzare l’auspicio di Roberto Calderoli, almeno per quanto riguarda la possibilità di bypassare lo staff difensivo: “Il nuovo ministro deve essere persona di assoluta onestà intellettuale e di assoluta libertà di giudizio che dimentichi di parlare con gli avvocati del premier”. A differenza di Alfano, Nitto Palma potrà anche evitare gli aggiornamenti processuali quotidiani con Ghedini, perché gode di fiducia incondizionata guadagnata sul campo ed incarna quella portentosa figura di ministro-difensore, senza passaggi intermedi, che ancora ci mancava.

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