Mai si era toccato così il fondo. Un deputato del Pdl che chiede l’esercito a Bologna. E non in un giorno qualsiasi, ma per le commemorazioni del 2 agosto, anno 1980, giorno in cui la città conobbe l’orrore. Non è bastata l’assenza di ogni rappresentante del governo per il trentennale della strage e che quest’anno si ripeterà, cosa di per sé già sconcertante. No, il Pdl va oltre e vuole che in piazza delle Medaglie d’Oro, davanti alla stazione, insieme ai familiari delle vittime, alle autorità e ai cittadini ci sia anche l’esercito.

A chiederlo è Fabio Garagnani, deputato del Pdl, per il quale ci sarebbe un “problema di ordine pubblico” da tenere sotto contro manu militari il prossimo 2 agosto. Di fatto, il parlamentare già da qualche giorno vedeva ipotetiche minacce scaturite da un “clima di permanente ideologizzazione”. Secondo lui lo dimostrerebbero un po’ le monetine lanciare poco tempo fa contro Manes Bernardini, in lizza per il centro destra per la poltrona di sindaco. Accadeva lo scorso 27 giugno, nel pieno delle contestazioni no tav.

E ancor prima – era la primavera scorsa – ci sono state le indagini per atti vandalici e attentati esplosivi contro le sedi bolognesi l’Ibm e l’Eni. Fatti attribuiti al fronte anarchico più radicale e che avevano portato ad arresti di persone che provengono da quell’ambiente. A ruota, durante le contestazioni in Val di Susa, anche esponenti emiliano-romagnoli di quell’ala politica si erano fatti qualche giorno di galera finendo poi ai domiciliari.

Garagnani, tra tutti questi eventi, vede un filo che li collega e che, in base alle dichiarazioni che ha rilasciato, non risparmierebbero nemmeno le cerimonie (ufficiali, dato che vedono la partecipazione del sindaco di Bologna, Virginio Merola, e di altri rappresentanti delle istituzioni) per una strage che fece 85 vittime e oltre 200 feriti. E poi torna su un leit motiv più tradizionale, nell’ottica polemiche pre-manifestazioni: per lui, sono “interpretazioni strumentali di comodo che hanno sin qui caratterizzato la suddetta ricorrenza” le sentenze che hanno condannato esecutori e depistatori. E che attribuiscono la responsabilità materiale all’estrema destra e i tentativi di sviare le indagini a servizi segreti militari e P2.

Di qui, l’invito al governo, se mai dovesse partecipare all’evento (eventualità ormai piuttosto improbabile, come raccontato dal Fatto Quotidiano pochi giorni fa), di portare “informazioni utili sulle piste percorse da terroristi di varia matrice”. In altre parole, la sollecitazione di Garagnani è di riportare l’attenzione sulle cosiddette “piste alternative”, che di volta in volta tirano in ballo i terroristi palestinesi, Carlos Lo Sciacallo (alias Ilich Ramírez Sánchez, leader dell’Ori, l’Organizzazione dei rivoluzionari internazionalisti, in rapporti alterni con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina di George Habash) o i libici, come è tornato a fare Carlo Giovanardi, nella sua “verità” su Ustica riesuma la smentita tesi della bomba a bordo del Dc 9 dell’Itavia nella catastrofe del 27 giugno 1980.

Nessuna di queste piste, allo stato attuale, ha mai raccolto elementi utili per arrivare ad incriminazioni. Proprio da qui parte Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage alla stazione, nel replicare al deputato Pdl. “Ci sono sentenze passate in giudicato che hanno tenuto di fronte ad attacchi come quelli di Garagnani”, dice Bolognesi. “Dunque le strade sono due: o Garagnani porta prove tali per cui quelle sentenze vengano smentite oppure sta dando fiato a problemi che con la strage non c’entrano nulla”.

E il presidente dell’associazione vittime rincara la dose: “Questo governo o suoi rappresentanti non hanno alcun diritto a fare affermazioni del genere perché non sono credibili. Lo scorso 9 maggio, giorno di commemorazione di tutte le vittime del terrorismo, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi aveva detto di aprire gli armadi della vergogna sugli anni di piombo, ma non mi risulta che i magistrati bolognesi siano stati sommersi di carte. Inoltre – e ancora più grave – a oggi non è ancora stata applicata la legge 206 del 2004 sulle pensioni di invalidità ai feriti del terrorismo. E questo nonostante le rassicurazioni di Berlusconi e di Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del consiglio. Dunque questa maggioranza ha preso in giro senza ritegno le vittime”.

Caustico anche il commento di Libero Mancuso, il magistrato che indagò sulla strage alla stazione rappresentando la pubblica accusa nel processo di primo grado e che è stato assessore nella giunta di Sergio Cofferati diventando poi un esponente di Sel. “Qui non si tratta di un problema di ordine pubblico”, afferma, “ma di un problema di ordine psichiatrico. Affermare che il 2 agosto serve l’esercito per strada è un’affermazione che non merita alcun commento”.

Per Maurizio Cevenini, consigliere comunale e regionale, “le manifestazioni che commemorano la strage hanno sempre visto una grande partecipazione pubblica e le contestazioni si sono sempre limitate ai fischi in piazza contro i referenti del governo. Quei fischi li ho sempre condannati, ma non sono in alcun modo un segno di violenza. Parlare di esercito e di pericoli non meglio definiti è di cattivo gusto, ma soprattutto è un procurato allarme. Che rifletta, lo schieramento di centro destra, sui fatti del 2 agosto 1980, dato che il governo qualche porta ancora chiusa la dovrebbe aprire”.

Una risposta secca anche da parte del sindaco, Virginio Merola. “Garagnani ha perso un’occasione per stare zitto perché sono parole a vanvera”, ha dichiarato in serata. “Spero che quelle frasi sconsiderate non vengano tenute in considerazione da nessuno”.

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