Fine pena mai. Otto sono gli ergastoli inflitti dalla Corte d’Assise di Locri per la faida di San Luca. C’è anche il boss ex latitante Giovanni Strangio tra gli imputati condannati al massimo della pena nel processo “Fehida”. Oltre a lui, il carcere a vita è stato disposto per il boss Giovanni Luca Nirta, Francesco Nirta, Giuseppe Nirta detto “Peppe u versu”, Francesco Pelle alias “Ciccio Pakistan”, Sebastiano Romeo, Francesco Vottari conosciuto con il soprannome di “Ciccio u Frunzu” e il “professore” Sebastiano Vottari.

Sebastiano Strangio, invece, è l’unico scampato alla scure del presidente della Corte d’Assise Bruno Muscolo nonostante l’accusa avesse chiesto l’ergastolo. A distanza di quasi quattro anni dal15 agosto 2007, è arrivata la sentenza di primo grado per le cosche di San Luca, protagoniste di una sanguinosa faida iniziata nel 1991 che ha visto cadere decine di boss e gregari a colpi di pistola.

Uno scontro cruento, tra le famiglie Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, che ha raggiunto la sua espressione più violenta con la strage di Duisburg dove morirono sei giovani ritenuti vicini alle cosche “santolucote”. Una mattanza senza precedenti. Ma quel che è accaduto in Germania è stato solo l’ultimo dei capitoli di una “guerra” combattuta da soldati senza divisa. Una guerra che, pochi mesi prima, aveva registrato due gravissimi fatti di sangue: la strage di Natale del 2006 e l’omicidio di Bruno Pizzata.

La sentenza dà ragione ai pm Nicola Gratteri e Federico Perrone Capano, secondo cui la strage di Natale è stata eseguita dai fratelli Sebastiano e Francesco Vottari su mandato di Francesco Pelle, detto “Ciccio Pakistan”, l’ex latitante che, grazie a una fitta rete di fiancheggiatori, è riuscito a sfuggire all’arresto nonostante si trovasse in carrozzina a rotelle.

L’uccisione di Maria Strangio e il ferimento anche di un bambino sono stati la risposta, infatti, al tentato omicidio che pochi mesi prima lo ha paralizzato dal tronco in giù.

Due settimane dopo il delitto, il boss Giovanni Luca Nirta (marito della Strangio) avrebbe emesso la sentenza di morte per Bruno Pizzata, considerato vicino ai Pelle-Vottari. Una sentenza senza appello che sarebbe stata eseguita da Giuseppe Nirta, Francesco Nirta, Sebastiano Romeo e Sebastiano Strangio (quest’ultimo assolto).

L’inchiesta “Fehida”, inoltre, ha accertato la presenza della cosche di San Luca in territorio tedesco. Dopo anni di segnalazioni della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, la Germania ha scoperto cos’è la ‘ndrangheta in quella notte di ferragosto quando, a Duisburg davanti ai parcheggi del ristorante “Da Bruno”, sono stati trucidati i fratelli Francesco e Marco Pergola, Tommaso Venturi, Francesco Giorgi, Sebastiano Strangio e Marco Marmo.

Il principale obiettivo dei killer era proprio quest’ultimo che era stato mandato a Duisburg da Antonio Pelle, detto la “Mamma”. Marmo, infatti, avrebbe dovuto acquistare un furgone Peugeot blindato e un fucile d’assalto americano Colt Ar-15 (rinvenuto all’interno della ristorante “Da Bruno”) che servivano – è scritto nel provvedimento di fermo giudiziario – a “Pelle Antonio “vancheddu” per compiere un vero e proprio assalto in grande stile ai vertici della cosca avversaria”.

La vittima doveva essere il boss Gianluca Nirta, sfuggito alla strage di Natale dove morì, invece, la moglie. Con l’agguato di Duisburg, quindi, i Nirta-Strangio avrebbero agito d’anticipo.

“La sentenza di oggi conferma la bontà delle indagini fatte dai carabinieri di Locri con la collaborazione della polizia tedesca – è l’unico commento del procuratore aggiunto Nicola Gratteri uscendo dall’aula del Tribunale dove la lettura della sentenza è stata interrotta dalle urla delle mogli dei boss – questa indagine conferma l’esistenza e l’operatività della ‘ndrangheta in Europa. Bisogna attendere la sentenza di appello e la Cassazione. Intanto, questo è un punto fermo”.

Articolo Precedente

Arresto per Milanese, Paolini rinuncia al ruolo di relatore. Reguzzoni: “Lo difenda il Pdl”

next
Articolo Successivo

Milanese: “A cena dal generale Adinolfi anche il ministro Gelmini”

next