Da oggi la discarica di Chiaiano, al nord di Napoli, chiude per una settimana. Quello che doveva essere il sito di smaltimento più sicuro del mondo, realizzato con la massima ‘trasparenza’ (rassicurava l’allora capo della Protezione civile Guido Bertolaso), finisce sotto la lente di ingrandimento degli esperti nominati dalla magistratura. La procura di Napoli, già nel maggio scorso, aveva disposto il sequestro preventivo dell’invaso, ormai vicino all’esaurimento. Un sequestro per verificare se il sito è stato realizzato a norma di legge.

La discarica, da sempre al centro di vibranti proteste dei comitati locali, fu aggiudicata con una gara di appalto anomala. La prima ditta fu esclusa, la seconda rinunciò all’incarico. Secondo le indagini del Noe, nella realizzazione è stata usata argilla di scarsa qualità e la gestione è stata affidata a ditte vicine ai clan di camorra Mallardo e Casalesi. La ditta, la Ibi idroimpianti, che la teneva in gestione è stata raggiunta da interdittiva antimafia così come la Edilcar che aveva vinto il subappalto. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i gestori della Ibi e della Edilcar “avevano la certezza ben prima dell’espletamento della gara di appalto di riuscire ad ottenere l’incarico”.

L’indagine ha coinvolto i vertici delle aziende, che ribadiscono la correttezza del loro operato, accusati anche di frode in pubblica fornitura. Avrebbero fatto pagare lo stato due volte, la prima per smaltire i rifiuti in fase di realizzazione del sito, la seconda quando gli stessi rifiuti sarebbero stati riportati in discarica, rivenduti come copertura della spazzatura conferita nel sito. Agli atti dell’accusa oltre alle dichiarazioni del pentito Gaetano Vassallo che ha ricostruito le modalità di esecuzione dei lavori delle due aziende, già in passato impegnate in questo settore, anche i video e le intercettazioni realizzate dal Noe.

Un sequestro, quello del maggio scorso, disposto dai pubblici ministeri (Del Gaudio e Ardituro), che non aveva interrotto il funzionamento della discarica . Fino a ieri, quando i mezzi dell’Asia, la municipalizzata del comune di Napoli, hanno scaricato nell’invaso 100 tonnellate di spazzatura (sulle 1.200 prodotte nel capoluogo partenopeo). Da oggi inizierà il lavoro dell’ingegnere Luigi Boeri, il perito nominato dal Gip, presenti anche esperti nominati da accusa e difesa, per monitorare il sito. Si dovrebbero realizzare carotaggi nell’area perimetrale della discarica e prospezioni geofisiche per verificare la reale impermeabilizzazione del sito e le proprietà del terreno. Il tentativo è quello di controllare la situazione attraverso attività che non arrechino danno al sottosuolo. C’è il rischio che le falde acquifere possano essere state contaminate dal percolato, fuoriuscito dal fondo della discarica.

Intanto dal fronte dell’emergenza continua la raccolta dei rifiuti direzione Stir di Giugliano e Tufino, oltre all’impianto di stoccaggio di Caivano. Solo questa sera si saprà dall’ufficio flussi della regione dove smaltire la spazzatura che solitamente veniva conferita a Chiaiano. Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, dopo la disponibilità del comune di Genova, continua a cercare città disposte a raccogliere la spazzatura partenopea. Ci sarebbero altri centri, sia del nord che del Sud, pronti a dare una mano. Prima della definizione degli accordi serve il nulla osta delle regioni (già arrivato quello della Liguria), una scelta contenuta nel decreto approvato dal governo, contestata duramente dal sindaco e anche dal governatore della regione Campania Stefano Caldoro. Proprio Caldoro oggi incontrerà il presidente della provincia di Napoli Luigi Cesaro per la possibile individuazione di una discarica in provincia, sommersa da 13 mila tonnellate di rifiuti. Un provvedimento che Cesaro avrebbe dovuto adottare fin dal gennaio scorso quando firmò un accordo a Palazzo Chigi per “l’individuazione e realizzazione di una nuova discarica nella provincia di Napoli per almeno 1.000.000 tonnellate”.

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