A Rimini la balneazione sicura è una questione di digital divide. Per sapere se dopo il temporale di oggi l’acqua del mare è pulita o meno, meglio disporre di un collegamento internet.

Dai primi giorni di giugno è infatti possibile scoprire in tempo reale, collegandosi al sito di Arpa Emilia-Romagna nella sezione “balneazione”, la qualità delle acque riminesi con il bollettino della costa attraverso un sistema di bandierine blu, gialle e rosse.

Ma paradosso vuole che un norvegese, piuttosto che un cinese, collegati al web possono sapere come sono le condizioni del mare a Rimini, quindi se fare il bagno o meno; mentre un riminese senza connessione o un qualsiasi ignaro turista che si trova sulla spiaggia rimangono inconsapevolmente costretti a fare il bagno con lo scarico dell’acqua fognaria a mare.

Con il piano strategico delle fognature e gli investimenti calendarizzati dal sindaco Gnassi che permettono di procedere con lo sdoppiamento della acque nere e bianche, il comune della Riviera sta cercando di reagire al problema degli scarichi a mare.

La città è solo all’inizio di un lungo percorso che durerà 20 anni e richiederà 960 milioni di euro, ma il fatto che i vari soggetti interessati si siano riuniti attorno a un tavolo per individuare una soluzione è un buon segno.

Il problema in Italia non è solo riminese e altre regioni non hanno nemmeno aperto uno studio di fattibilità sul tema. A questo nuovo corso, che sembra aver recepito decenni di proteste dei cittadini, si unisce un tentativo di informare i bagnanti sulla qualità delle acque.

In caso di pioggia, per non sovraccaricare di lavoro il depuratore, gli sfioratori di piena si aprono riversando le acque fognarie nel mare e nell’area in corrispondenza degli scarichi viene emanato un divieto di balneazione di 48 ore.

“L’apertura degli sfioratori di piena avviene a seguito di una pioggia consistente: in quel caso la bandierina resta rossa per 48 ore”, racconta Mauro Stambazzi di Arpa, “ma indichiamo anche una volta al mese il divieto anche in seguito al periodico campionamento dell’acqua e se questa risulta superare i valori limite per presenza di escherichia coli e enterococchi”.

Il punto debole, però, è ancora l’informazione in spiaggia per tutelare i bagnati quando il mare è off limits. A febbraio l’associazione Luca Coscioni di Rimini ha organizzato il convegno “Balneazione a rischio salute”. In quell’occasione l’avvocato Massimo Manduchi ha citato i riferimenti normativi già attuabili con la legge 116/2008, rispetto alla quale emerge l’arretratezza degli interventi messi in atto finora sulla spiaggia.

“Per adempiere in parte a quanto previsto dalla legge –ha detto Ivan Innocenti portavoce della Luca Coscioni- chiediamo di attuare un percorso partecipato, che riconosca i cittadini e i bagnanti elemento qualificante delle decisioni che l’amministrazione e gli organi competenti intraprenderanno per la tutela della salute pubblica”.

Intanto c’è già una legge chiara ma che non viene rispettata in tutti i suoi punti. Il quadro normativo in materia di acque di balneazione è regolamentato dalla direttiva 2006/7/CE, recepita dal decreto legislativo 116/2008, a sua volta seguito dal decreto attuativo d.m. 30 marzo 2010. Una normativa che Stambazzi di Arpa definisce “una vera e propria rivoluzione copernicana che ha cambiato completamente il sistema di monitoraggio e classificazione delle acqua balneari, rispetto al protocollo che si seguiva da 30 anni a questa parte”.

A questa efficiente produzione normativa corrisponde un’informazione in spiaggia del tutto carente. Da quest’anno il Comune di Rimini ha incaricato Hera di apporre i cartelli in spiaggia, dopo le piogge. Hera li affigge dandone comunicazione ad Arpa e polizia municipale. Però questi ‘cartelli’ siano semplici fogli di carta contenuti in buste di plastica e vengano spesso asportati.

“La situazione è drammatica” ammette Sara Visintin, assessore all’ambiente di palazzo Garampi, “l’informazione sulla fascia di non balneazione, messa 150 metri prima e dopo i punti di scarico, è insufficiente. Avvieremo un tavolo di confronto con i bagnini, Arpa, Hera, l’associazione Basta merda in mare, per inserire le informazioni all’accesso dei bagni in modo che si sappia la mattina, accedendo alla spiaggia, se la balneazione è consentita. I cartelli sulla qualità delle acque dovranno essere in più lingue e, se si trovasse un accordo coi bagnini, potrebbero anche essere standard e quindi tirati fuori ogniqualvolta che si presenta il problema. Purtroppo non credo che i bagnini (cioè i gestori degli stabilimenti ndr) la prenderanno bene”.

Intanto sulle spiagge regna il rammarico e nello stesso tempo la consapevolezza che ergere barricate non servirà a nessuno. Giorgio Mussoni, presidente del sindacato operatori balneari Oasi Confartigianato, analizza “una situazione che va avanti immutata da troppo tempo”. “A Rimini –afferma- è stata scelta la destagionalizzazione. I responsabili se ne devono fare carico: se si vuole fare il palas, il teatro e altre opere che non guardano al turismo balneare, non si possono avere i soldi anche per il sistema fognario. L’establishment che ha governato fino a ieri sarebbe stato meglio che ci avesse ascoltato quando dicevamo che la priorità era rimettere a posto il sistema fognario. Mentre Bellaria, Cesenatico, Cattolica hanno sdoppiato la loro rete di scarico, Rimini ha continuato a dire che bastavano le vasche di prima pioggia e il risultato si vede.

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