La corruzione, che affievolisce l’azione pubblica, indebolisce la tutela dei beni comuni e protegge interessi particolaristici, a volte di natura mafiosa, costituisce uno dei principali flagelli dell’attuale società a livello mondiale.

Non c’è infatti Paese che se ne possa dire immune, se è vero che pochi giorni fa lo stesso Hu Jin Tao ha attirato l’attenzione sui pericoli che corre la leadership del Partito comunista cinese.

Le Nazioni Unite hanno adottato in materia un’importante convenzione internazionale, la quale, all’art. 5, par. 1, sottolinea la necessità fra gli altri dei principi di trasparenza e di partecipazione dei cittadini. La stessa Convenzione, all’art. 4, afferma anche il principio del rispetto della sovranità nazionale. In effetti, per essere efficace, la lotta alla corruzione va portata avanti secondo le caratteristiche peculiari di ogni situazione politica e sociale.

Nei Paesi, come il nostro, ancora purtroppo soggetti al verbo del neoliberismo, la corruzione assume portata dirompente, contribuendo ad aggravare la crisi economica in corso, a vanificare la residua fiducia dei cittadini nelle istituzioni e a depotenziare ogni tipo di intervento pubblico.

Vanno individuati e colpiti i meccanismi che ne determinano l’ascesa. Mi limiterò di seguito a indicarne qualcuno:

a) L’esistenza di caste separate di politici e sindacalisti lautamente pagati e dotati di privilegi di vario genere e che tendono ad auto perpetuarsi vanificando anche le forme di democrazia rappresentativa e diretta, mediante leggi porcellum e accordi interconfederali giustamente definiti porcellum (o fuori dal latino porcate) sindacali.

b) Le forti disuguaglianze fra i settori che stanno in cima alle gerarchie sociali, come i manager aziendali e tutti gli altri.

c) Il forte sviluppo di un micidiale connubio affari-politica, che porta i politici a identificarsi con gli interessi dei poteri forti. Di questo abbiamo conferme quotidiane nelle cronache giudiziarie e in casi come quello della TAV, opera faraonica e completamente inutile, che, oltre a danneggiare l’ambiente, costerà cifre spropositate ai contribuenti e beneficherà solo settori ristretti. Ma tante sono le piccole  e medie TAV sparse sul territorio nazionale, dagli inceneritori ai gassificatori ai parcheggi urbani interrati di cui allo scellerato piano ideato a Roma dalla giunta Veltroni e oggi portato avanti da quella Alemanno.

d) L’abolizione di ogni controllo portata avanti in modo spregiudicato dal governo di bungabunga, la cui retorica sul fare viene purtroppo ripresa anche da altre amministrazioni, al momento locali o regionali, che dovrebbero essere di diverso orientamento politico.

e) La proclamazione del denaro e del profitto come massimo valore fondante della società e il conseguente naufragio dell’idea stessa di bene comune.

Le recenti cronache giudiziarie sulle imprese del faccendiere piduista Bisignani, il cui giro di amicizie spaziava da Licio Gelli a Massimo D’Alema, passando per Gianni Letta, e quelle relative all’Umbriagate aeronautico, dimostrano l’esigenza urgente di una nuova stagione di “mani pulite” che spazzi via ogni lobby, sia essa di centrodestra o di centrosinistra e faccia finalmente pulizia a fondo nella classe politica, completando l’opera intrapresa all’inizio degli anni Novanta.

Stavolta però non ci si potrà limitare a delegare a giudici e pubblici ministeri l’opera di risanamento e derattizzazione dell’amministrazione pubblica. Occorre che anche i cittadini, oggi duramente colpiti dalla crisi, prendano in mano il loro destino. La rivoluzione francese, della quale si è celebrato solo dodici anni fa il bicentenario, abolì i privilegi dell’aristocrazia con il ricorso alla ghigliottina e al terrore. Per instaurare in Italia una vera democrazia, liberandosi delle varie caste politiche, sindacali, industriali e bancarie, non servirà arrivare a tanto. Ma è bene muoversi per tempo…

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