L’ultimo colpo al clan Belforte – egemone a Marcianise, in provincia di Caserta – azzera i vertici del gruppo criminale che da almeno due decenni controlla il territorio. Un clan nato con la nuova camorra organizzata e poi alleatosi con i Casalesi, con una strategia consolidata.

Da un lato l’accumulazione di capitali con attività illecite: estorsioni in modo capillare, usura, e, dall’altra, il riciclaggio del denaro sporco in due settori chiave: l’edilizia e i rifiuti. Questa mattina, su ordine della direzione distrettuale antimafia di Napoli, coordinata dall’aggiunto Federico Cafiero De Raho (pm Ribera, Conso e Falcone), i carabinieri del nucleo operativo ecologico (Noe) di Roma, agli ordini del capitano Pietro Rajola Pescarini, hanno arrestato Camillo Belforte per associazione camorristica e notificato al padre Domenico Belforte, già detenuto, un nuovo ordine di cattura.

Dopo gli arresti dei reggenti Domenico e Salvatore e delle mogli che ne avevano preso il posto, il ruolo di coordinatore del clan era passato a Camillo, detto ‘pisiello’, vista la giovane età (31 anni). Un battesimo avvenuto in carcere nel 2010 quando il padre gli affidò il ruolo di coordinatore. Il rampollo gestiva un patrimonio societario e finanziario al quale sono stati posti i sigilli: beni per un valore intorno agli 80 milioni di euro.

Due le società con cui si imponeva nel mondo delle costruzioni, la Cami costruzioni srl e la Md immobiliare, con quote anche in altre ditte impegnate nel settore edilizio. Sotto sequestro autosaloni, macchine di lusso e conti correnti bancari. In rapporti con i principali imprenditori di zona. Vengono riportati colloqui con Carlo Sparaco, non indagato, costruttore e presidente della Casertana Calcio con il quale discute dei problemi del patrimonio di famiglia e di affari.

A Roma il clan era pronto ad investire ingenti somme, ma a modo suo. Emergono da un’intercettazione ambientale del 23 aprile 2010 le modalità di edificazione delle ditte dei Belforte. La Cami Costruzioni di Camillo è impegnata in un lavoro di subappalto per la costruzione di un centro commerciale nel comune di Acilia. Il metodo per risparmiare è sempre lo stesso: materiali scadenti. Il gip Alessandro Buccino Grimaldi scrive: “ Concorda con il medesimo Fierimonte (suo interlocutore, ndr) l’impiego di materiali di minor pregio nella realizzazione dell’indicata opera edilizia così da risparmiare ‘un sacco di soldi’ ed aumentare la rimuneratività della stessa”.

Ma non solo cemento, anche rifiuti, con società impegnate in Campania e nel Lazio, un settore di pertinenza dello zio Pino Buttone, che con le sue imprese aveva vinto, vicenda oggetto di processo, anche un appalto con una società regionale (La Recam).

Nell’ordinanza odierna emerge anche il ruolo di agenti di polizia penitenziaria infedeli, ancora non identificati, che consentivano a Domenico, Mimì, Belforte di impartire ordini anche dal carcere. Ma non solo: si parla anche di pubblici ufficiali infedeli che consentivano al rampollo di conoscere in anticipo le indagini a suo carico e gli arresti imminenti. Il dominio del clan emerge anche dal racconto dei pentiti. Nel febbraio 2010 è Michele Froncillo a spiegare perché gli imprenditori pagavano: “ Avevano paura, era normale, ad esempio nel 1996-1998 si è persino messo il coprifuoco a Marcianise, (mai) in provincia di Caserta è stato messo il coprifuoco. Per le dieci di sera tutti i pubblici esercizi dovevano chiudere perché succedeva un morto ogni due giorni”.

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