Nomi eccellenti e di peso quelli che questa mattina hanno testimoniato in tribunale nel processo a carico di Renato Meduri, ex professore di oculistica ora in pensione e della moglie oculista Lucia Scorolli, per le minacce nel 2007 al collega Emilio Campos, già direttore della prima clinica di oculistica del Sant’Orsola e docente ordinario dal 1994.

Si tratta di Fabio Roversi Monaco e Pier Ugo Calzolari, ex rettori dell’ateneo bolognese. Ed inoltre, il legale di Lucia Scorolli, l’avvocato Dalla Valle, avrebbe chiesto di acquisire agli atti cinque buste che la sua assistita depositò da un notaio, nelle quali vengono indicati nomi e cognomi dei vincitori di successivi concorsi ai quali la moglie di Meduri partecipò, ma che non riuscì a vincere.

I due ex rettori, Roversi Monaco e Ugo Calzolari, hanno risposto in qualità di testimoni alle domande del pm Enrico Cieri e delle difese, raccontando i dissidi continui fra Meduri e Campos. Roversi Monaco avrebbe inoltre aggiunto di aver visto “l’amico Campos sconvolto e terrorizzato. Gli consigliai un valido avvocato e di denunciare ciò che era avvenuto in questura”. Mentre Pier Ugo Calzolari ritenne, all’epoca dei fatti, che quelle frasi non potessero essere pericolose e “non ci vidi gli estremi per un procedimento disciplinare”.

La vicenda risale a circa quattro anni fa e vede quattro indagati per tentata estorsione aggravata: il professor Alberto Meduni, 74 anni, all’epoca dei fatti titolare di una cattedra di oculistica, la moglie Lucia Scorolli, che era responsabile dell’unità operativa di oftalmologia del Policlinico Sant’Orsola e altre due persone, che sarebbero gli autori materiali delle minacce ai danni del professore Emilio Campos. Si tratta di Remo Grassetti, broker assicurativo di Macerata ed esperto di arti marziali, e Roberto Talarico, autotrasportatore torinese di origini calabresi.

Tutto ruota intorno ad un concorso per professore associato di Oftalmologia dell’Alma Mater, al quale partecipò la Scorolli. Secondo le ipotesi formulare dall’accusa, Meduri avrebbe sospettato un intervento di Campos per impedire la vittoria della moglie. Ma le credenziali della dottoressa non sono state sufficienti ad aggiudicarsi il concorso e a quel punto tra i due medici sarebbero volate parole grosse e anche le prime intimidazioni. Tra queste la frase “te la farò pagare”, attribuita a Meduri nei confronti di Campos.

In un crescendo di tensione, si sarebbe poi andati oltre, arrivando a minacce vere e proprie e a incursioni nello studio del medico “vittima”. Infine ci sarebbero stati gli episodi dei proiettili recapitati all’anziana madre che vive a Trieste e che rimase molto turbata. Nel frattempo Campos, a cui venne affidata una scorta, presentò un esposto da cui presero avvio le investigazioni affidate alla Digos.

Intanto oggi l’avvocato Dalla Valle ha chiesto l’acquisizione di cinque buste depositate dalla Scorolli ad un notaio bolognese. Dal 2001, infatti, la moglie di Meduri avrebbe partecipato a cinque concorsi per diventare professore associato in varie città d’Italia, non riuscendo però a vincerne alcuno. L’avvocato avrebbe affermato che prima di fare i concorsi la Scorolli sapeva bene chi avrebbe vinto, e infatti indicò i nomi nelle cinque buste. Riuscendo ad indovinarli tutti. Ci sarebbero i timbri del notaio a dimostrare che i nomi sono stati fatti prima dei concorsi.

La storia era nota al pm Cieri da tempo, ma solo in riferimento ad una busta di cui sarebbe venuto a conoscenza durante le indagini preliminari, riferibile ad un concorso a Trieste. Ma la Digos ha preferito non fare ulteriori accertamenti, motivo questo del botta e risposta scocciato tra l’avvocato e il pm. Il 12 ottobre, nel corso della prossima udienza, si saprà se la corte ha ritenuto di acquisire le buste o meno.

Oggi è stata la volta di Roversi Monaco, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio, che nella scorsa udienza aveva presentato un certificato che attestava un’indisponibilità a presenziare in tribunale. Nell’udienza di questa mattina, invece, ha dichiarato alla corte presieduta da Grazia Nart, di conoscere “Campos da quando ero rettore, a metà anni ’90. Mentre Meduni lo conoscevo già da prima”. Il nome di Roversi Monaco emerse nel corso delle indagini perchè la Scorolli, in un’intercettazione, aveva parlato di lui come uno dei nemici che cercava di evitare una sua eventuale nomina, facendo poi riferimento all’esistenza di una lobby massonica a lei contraria. Un fatto, questo, che poi la portò ad iscriversi ad una loggia bolognese, “Hiram”, ma senza alcun successo. Roversi Monaco si è sempre detto estraneo alla vicenda, ma l’amicizia con Campos “mi portò ad aiutarlo, lo vidi molto colpito. Gli dissi di fare un esposto al rettore (all’epoca dei fatti era Calzolari, ndr), il quale mi disse di non parlarne sui giornali, cosa che però non ritenni giusta”. “Campos lamentava delle pressioni. L’idea era che potessero essere legate ad un certo esito del concorso, cioè far vincere la moglie”.

La linea della difesa sarebbe quella di provare che Campos enfatizzò i fatti. Ed inoltre che ci sia una sorta di “suggeritore” che indicò a Campos come muoversi e cosa dire alla Digos. Ma Roversi Monaco dichiara di non essere in grado di dare consigli “per la mia scarsa conoscenza del diritto penale. Mi limitai a indicare a Campos un avvocato penalista, Luigi Stortoni, e lo presentai al questore. Il resto lo fece autonomamente. Mi considero un suo fratello maggiore”.

Pier Ugo Calzolari, invece, è stato rettore dell’ateneo dal 2000 al 2009, proprio nel momento in cui si svolsero i fatti. L’ex rettore ricevette, infatti, tre lettere dal professor Campos, dove venivano indicate le presunte minacce, compresa la famosa frase “te la farò pagare”, ma “non ho potuto ravvisare in quella espressione rozza un provvedimento disciplinare, considerando il clima di tensione in essere tra i due da tanto tempo”.

È stato, inoltre, sentito il presidente della commissione che aveva il compito di nominare un professore associato, Nicola Orzalesi, dell’Università di Milano, che ha parlato di una presunta telefonata di raccomandazione della Scorolli da parte della Presidenza del Consiglio. Ma secondo il professore “non fu una telefonata reale della Presidenza ma di qualcuno che millantò”. Orzalesi avrebbe poi parlato di alcuni “intoppi” nel corso dei lavori della commissione. Come una telefonata con minacce alla moglie di un membro, o un’altra chiamata di “pressante raccomandazione” ad un altro professore della commissione. E conclude: “non mi furono fatte pressioni in maniera diretta, ma la situazione era chiara. È così da tante parti…”.

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