Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, non ha dubbi: “La camorra ostacola la nostra rivoluzione ambientale”. Dietro i roghi, i disordini, la protesta, un ruolo predominante ce l‘ha la criminalità organizzata. Gli fa eco il suo assessore, Giuseppe Narducci, fino a pochi giorni fa in forza alla Procura Antimafia di Napoli: “In alcuni casi – ha dichiarato al Corriere della Sera – è sembrato che più che l’esasperazione dei cittadini ci fosse l’azione di gruppi organizzati”. Parole più misurate, ma ancor più forti se si pensa che Narducci è uno che di camorra e munnezza se ne occupa da anni. È lui che ha a lungo indagato e poi chiesto l’arresto dell’ex sottosegretario del Pdl, Nicola Cosentino, uno che sulla munnezza e suoi ambigui rapporti con la camorra ha costruito la scalata la potere. “L’ECO 4 song’io” diceva Nick ‘U Mericano, parlando di uno dei tanti consorzi costruiti nei 15 anni di emergenza rifiuti in Campania, una di quelle società in cui politica e camorra condividevano affari, incarichi, assunzioni inutili di personale pagato profumatamente per trascorrere intere giornate a braccia conserte.

Le inchieste raccontano che i momenti di crisi acuta, di munnezza che arrivava fino al secondo piano dei palazzi, serviva per far guadagnare tutti di più: le imprese colluse, che si accaparravano appalti con affidamenti diretti, i lavoratori con straordinari da far impallidire un banchiere, i politici, che certo non rinunciavano alla propria fetta. Ecco, per capire cosa sta succedendo in queste ore a Napoli, bisogna partire dai fatti noti, che ciclicamente si ripresentano quando qualcuno non rispetta il suo ruolo nel gioco delle parti.

Che buona parte dei disordini di Napoli portino in calce la firma della camorra, è ormai chiaro da alcuni giorni come ilfattoquotidiano.it aveva già stigmatizzato. Rifiuti incendiati contemporaneamente in vari punti della città, donne e bambini a guidare la protesta in strada, i centauri di Pianura che si rivedono tre anni dopo gli scontri andati in onda in mondovisione.

Ma a cosa puntano i clan? Agli appalti, innanzitutto. A cominciare dalla fornitura straordinaria di mezzi per la raccolta dei sacchetti ammassati che ormai si contano in metri lineari lungo le strade. Per sollevare le circa duemila tonnellate di spazzatura giacente, servono le miniruspe, i cosiddetti “bobcat”. Non uno ma decine, da mandare in giro per la città accanto ai compattatori dell’Asia. E sono poche le ditte in grado di mettere a disposizione molti mezzi in così poco tempo. Imprese con una disponibilità economica tale da poter acquistare attrezzature e tenerle ferme per mesi, in attesa di periodi caldi come questi. Un affare: ogni mezzo viene noleggiato a una cifra compresa tra i 400 e 600 euro al giorno. Vale a dire che, se per ognuna delle dieci Municipalità in cui è suddivisa amministrativamente Napoli girano due bobcat per notte, si arriva a spendere fino a 12mila euro extra al giorno solo per spalare munnezza. Cioè, 120mila euro in questi primi dieci giorni e altri 240mila fino al 15 luglio, termine più o meno condiviso prima di rivedere pulita Napoli. L’altro business sulla raccolta è lo smaltimento dei sacchetti bruciati, che oltre a sprigionare diossina diventano rifiuti speciali con costi doppi per la raccolta e il trasporto in discarica.

Camorra di interesse e di consenso. Organizzare la protesta, spargere in strada i sacchetti bloccando il traffico e obbligando, di fatto, la rimozione forzata non è solo una dimostrazione di forza dei clan: è quel modo di entrare in sintonia con il sentire popolare, che accresce il riconoscimento dell’autorità conquistata nei vari quartieri. È la parabola del “camorrista giusto”, specie quando la camorra aiuta a trovare o a difendere un posto di lavoro. Come nel caso di alcuni gruppi di disoccupati organizzati, che sperano di essere impiegati proprio nel campo dei rifiuti. O alcuni “compagni di lotta”, già impegnati oggi con aziende interessate dai subappalti che de Magistris sembra intenzionato a non rinnovare, tagliando definitivamente i ponti con il passato.

Ma è, indubbio, che il business che più solletica la fantasia dei clan sia l’inceneritore previsto a Napoli Est. Un’opera da 400 milioni di euro, in cui imporre forniture di materiali, mezzi per il movimento terra, calcestruzzo, manodopera: la scelta di de Magistris di non permetterne la costruzione, manda in fumo allo stesso tempo i piani delle lobby dell’energia e della camorra. La risposta, è nei sacchetti bruciati per le strade della città: stessa ora, stessa tecnica, stesso cattivo odore. L’odore dei soldi.

Articolo Precedente

Metti in pausa le droghe

next
Articolo Successivo

Napoli, una notte di munnezza, tra proteste, fuochi e intimidazioni

next