A furia di tirare, prima o poi, la corda si spezza. Ed è successo anche alla Lega Nord. Per una volta non sul piano metaforico, ma su quello reale. Ad essersi spezzata è la corda del tiro alla fune organizzato dal Carroccio tra le due sponde del fiume Ticino. Una manifestazione padanissima che vedeva opposti i piemontesi e i lombardi con tanto di partecipanti illustri (da Cota a Reguzzoni, passando per Giorgetti, Speroni e Borghezio) che è finita però con un fuori programma che da solo basta per riassumere tutti i guai del partito di Bossi.

La ricetta della manifestazione sembra fin troppo facile: un territorio di confine, una lunga fune, due squadre di leghisti di razza, un pizzico di sana retorica di bassa lega e il resto è puro divertimento. Solo che, vuoi per la tensione, vuoi per la troppa veemenza, la fune si è rotta e i partecipanti sono finiti tutti lunghi distesi con la faccia a terra. Dopo qualche attimo di preoccupazione i feriti (una quarantina in tutto) si sono fatti medicare. Ad avere la peggio una signora del pubblico, che si è rotta un braccio dopo essere stata travolta dai partecipanti (ma tutto sommato l’incidente avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi).

Tra i “caduti” di Sesto Calende c’era anche una folta rappresentanza di deputati e senatori, il più malconcio è sembrato essere Giancarlo Giorgetti che, finendo per terra si è procurato una profonda abrasione alle mani, tanto da dover ricorrere alle cure dei sanitari del pronto soccorso dell’ospedale di Gallarate. Questo non deve proprio essere il suo periodo fortunato. La caduta di questo pomeriggio arriva al culmine di un momento decisamente difficile per il segretario nazionale lombardo, che nei giorni del dopo Pontida era finito al centro di un tesissimo braccio di ferro interno al partito. Una bagarre iniziata proprio dalla richiesta del commissariamento della sua segreteria e che è continuata per una settimana tra attacchi e contrattacchi, scambi di accuse e sotterfugi. Un dibattito interno alla Lega che ha avuto come primo (e al momento unico) effetto la conferma di Marco Reguzzoni come capogruppo alla Camera, spingendo però il leader Umberto Bossi a rilasciare dichiarazioni di fuoco contro il clan maroniano, protagonista della disputa contro il cerchio magico di Reguzzoni .

“Vi piacerebbe vederci divisi – ha dichiarato Marco Reguzzoni prima della gara –, ma non è così, ci sono discussioni interne al partito che stiamo affrontando in tutta serenità, il resto sono solo chiacchiere e illazioni”. Poi dal palco della manifestazione si sono alternati i vari big del partito, tutti pronti a spiegare che di divisioni interne non ce ne sono, che si tratta di invenzioni dei giornalisti: “Oggi siamo qui a una manifestazione che vuole essere un simbolo di unione della Lega e di due territori”. Mai parole furono di peggior auspicio. Appena qualche minuto dopo, quella stessa fune che era stata caricata del ruolo di simbolo dell’unione del partito, si è spezzata. Non solo: dopo la rottura, i leghisti sono finiti a terra e ne sono usciti con le ossa rotte, emaciati e feriti.

Che sia questo il destino del partito dei lumbard? Loro dicono di no, che la “Lega è sempre in grado di rialzarsi e di ripartire più forte di prima”, ma la sensazione è che nonostante l’ostentazione di sicurezza e tranquillità, qualcosa nella lega si sia rotto, e non si tratta di una corda.

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