Alberto Perino, leader del movimento No Tav

“Dico al procuratore Caselli che noi in Val di Susa continueremo a resistere”. Così Alberto Perino ha risposto all’ondata di avvisi di garanzia e alle perquisizioni presso la sua abitazione e quella di altri quattro esponenti del movimento No Tav, effettuate all’alba dalla Digos (Leggi la cronaca). Le accuse riguardano in particolare gli avvenimenti della notte del 24 maggio di quest’anno alla Maddalena di Chiomonte, quando alcune centinaia di persone riuscirono a impedire l’apertura dei cantieri. A Perino viene anche contestata l’istigazione a “resistenza aggravata, interruzione di pubblico servizio, violenza privata” per il discorso tenuto al termine della marcia Rivalta-Rivoli il 21 maggio scorso, quando invitò la popolazione a lottare contro l’apertura dei lavori: “Io spero che saremo di più alla Maddalena, perché è là che si gioca la partita – disse Perino in quell’occasione – Qui mostriamo i muscoli e facciamo un po’ di allenamento, ma là ci sarà davvero, il momento clou. Là ci sarà il confronto e dovremo vincere noi”. “E confermo tutto – ripete adesso – venite ancora alla Maddalena, per impedire ai lavori di cominciare”.

Il decreto di perquisizione, firmato dal Procuratore Capo della Repubblica Giancarlo Caselli, arriva in un momento di crescente tensione dopo l’invocazione dell’uso della forza militare da parte di diversi esponenti delle istituzioni nazionali e locali. Le forze dell’ordine cercavano – si legge nel documento delle Procura – “strumenti utilizzati per la commissione dei reati, in particolare fionde, puntatori laser, oggetti contundenti, motoseghe”, oltre a documentazione rilevante ai fini dell’accusa. “Gli ho detto che ho un’elettrosega, qualche bastone per i pomodori e altri strumenti di lavoro, ma non erano interessati – ha precisato Perino – Volevano anche l’elenco dei telefoni, ma poi hanno lasciato perdere quando gli ho detto che è da almeno dieci anni che ho il telefono sotto controllo”.

Arrivano così a 65 avvisi di garanzia arrivati negli ultimi 15 giorni a una ventina di persone, compreso lo stesso Beppe Grillo (Leggi). “Se con queste azioni pensano di spaventare i valsusini, hanno sbagliato – ha detto ancora Perino in conferenza stampa – Gandhi diceva che la prigione era la sua seconda casa: lo abbiamo già messo in conto e non ci spaventa, per difendere la nostra valle da una congrega che con la scusa delle opere pubbliche si intasca i soldi dei cittadini”.

A difesa di Perino e del movimento lavora gratuitamente un pool di 20 avvocati, che sta percorrendo tutte le vie legali per fermare l’opera. E’ di un mese fa il ricorso al Tar del Lazio nel quale si chiede la sospensione della delibera del Cipe del novembre 2010, poi sottoposta alla verifica della Corte dei Conti. Una decina i punti contestati, dalla tutela ambientale alla gestione dei rifiuti speciali. L’opera secondo i legali del movimento violerebbe anche l’articolo 1 del Trattato Italia-Francia, che condiziona la realizzazione della nuova linea alla saturazione di quella esistente. Cosa che, secondo alcuni esperti, non avverrà prima dei prossimi 50 anni.

Intanto proseguono le iniziative al presidio, diventato ormai sede di concerti, conferenze e dibattiti sui temi più svariati. Damiano Piccione, anch’esso raggiunto da perquisizione, ci tiene a precisare: “Vogliono far passare l’idea che Alberto Perino sia il mandante e noi gli esecutori, ma basta guardare alla storia del movimento e alla partecipazione di questi giorni per capire come qui tutti si facciano carico della resistenza”.

di Roberto Cuda

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