Il 6 giugno scorso scrivevo su questo blog un post dal titolo “Perché vinceremo i referendum”, attirandomi le ire degli scaramantici di turno che temevano che la cosa avrebbe portato iella.

Il mio articolo non era però frutto di una leggerezza, né tantomeno derivava da inesistenti poteri profetici. Era il frutto di una semplice considerazione e constatazione, era più semplicemente ciò che avevo visto nelle ultime settimane e mesi in giro per l’Italia.

Era il riassunto di decine e centinaia di incontri, facce, pensieri, progetti, iniziative, strette di mano, convegni, colori, a cui avevo assistito come coordinatore dei Comuni virtuosi e come amministratore di un ente locale di 9.000 abitanti.

Sapevo (in realtà era un misto di intuizione e speranza) che ce l’avremmo fatta, a raggiungere insieme il quorum e il cuore della gente, e che finalmente avremmo dato un segnale chiaro e netto alla classe dirigente di questo trasandato Paese: sì alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico, no al nucleare, sì all’acqua pubblica, no alla privatizzazione dei beni comuni, sì alla legge uguale per tutti. Senza se e senza ma. Per un’altra Italia e un futuro sostenibili, sobri e di buonsenso.

Poi, nei giorni immediatamente successivi al voto, ecco che accade un’altra cosa che avevo insieme temuto e previsto, ma che sinceramente speravo non si sarebbe ripresentata, come tutte le altre volte…

Ieri e l’altro ieri, accendendo la televisione, ho visto i segretari di partito e i loro principali colonnelli, sempre quelli, raccontare tutta un’altra storia. La sintesi è, in buona sostanza, la seguente: 27 milioni di ignoranti sono andati a votare contro Berlusconi, senza conoscere con esattezza il contenuto dei quesiti referendari. Hanno vinto loro, i partiti, che adesso raccoglieranno le sollecitazioni del popolo sovrano e sapranno interpretarne, a sentir loro, la volontà…

La cosa che mi fa più rabbia è che ancora una volta stanno perdendo l’occasione di cambiare: arrivo anche a capire la difesa d’ufficio del capo al crepuscolo, ma perdo proprio la pazienza nel vedere che una trasmissione come “Ballarò” non trova di meglio che Massimo D’Alema per parlare di acqua pubblica e nucleare e che tutti i suoi colleghi che da un trentennio almeno fanno la spola tra uno studio televisivo e uno scranno parlamentare, tentano un meschino quanto ridicolo salto sul carro dei vincitori, approfittando di media conniventi che sembrano voler rappresentare e dar voce solo a chi voce ce l’ha, da sempre…

In pratica, chi ha guardato la televisione in questi due giorni non ha avuto il privilegio di ascoltare i veri promotori e vincitori dei referendum: donne e giovani e portavoce di comitati e reti che con il più grande passaparola della storia e con un mare di fantasia sono riusciti laddove la politica di professione fallisce ormai da tempo: parlare al cuore delle persone, stuzzicare l’immaginazione delle comunità locali, prospettare un’idea di futuro altro e desiderabile.

I media continuano imperterriti a dar voce ai Vendola di turno, fingendo di non accorgersi del mondo che c’è dietro, sopra, sotto, ovunque. Loro, la casta, si accontentano di essere inquadrati ancora una volta, fingendo sia merito loro ciò per cui loro ben poco hanno fatto…

Questa politica, questi partiti, e questi media, sono come il Jim Carrey del “Truman Show”: fingono di non vedere che è tutto un bluff, che per loro siamo già ai titoli di coda. O forse sanno perfettamente, in cuor loro, che il tempo sta per scadere. Una risata, e un click, li seppelliranno!

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