La Cina dice no all’inserimento del traffico aereo all’interno del mercato delle emissioni Co2 europeo. L’Ue ha deciso che dal 1 gennaio 2012 anche le compagnie aeree che fanno scalo in Europa dovranno comprare le quote di emissioni e pagare per quanto inquinano. Alle proteste di Washington si aggiungono quelle di Pechino, che minaccia di trascinare Bruxelles in tribunale per voler gravare di costi aggiuntivi le proprie compagnie.

Si sa, inquinare poco costa. Nel tempo la lotta contro le emissioni può portare anche a benefici economici, ma nell’immediato vuol dire investire in nuove tecnologie, in know how e ricerca. Ecco quindi che la decisione di Bruxelles, d’includere le compagnie aeree nel sistema di emissioni Ets, è vista dalla Cina come un attacco ai propri interessi economici. Stessa storia del trattato di Kyoto, non rettificato dalla potenza orientale perché reputato controproducente ai propri interessi in una fase di ascesa economica.

Ma il dado ormai è tratto. Dal primo gennaio 2012 tutte le compagnie aeree europee e quelle che fanno scalo in aeroporti Ue faranno parte del sistema Ets, lo strumento amministrativo utilizzato per controllare le emissioni di inquinanti e gas serra a livello internazionale attraverso la quotazione monetaria delle emissioni ed il loro commercio tra stati diversi. Si tratta del più importante strumento Ue per contrastare il cambiamento climatico, che oggi include solo le emissioni degli Stati e di qualche categorie idustriale. Questo vuol dire che ad ogni compagnia aerea verrà assegnato un tetto di emissioni in milioni di tonnellate di CO2, e che per poter sforare dovranno acquistare dei crediti da altre realtà più virtuose. L’obiettivo è proprio spingere le compagnie a inquinare meno, visto che, secondo statistiche Onu, le emissioni di Co2 del traffico aereo (30.6 gigatonnellate nel 2010) hanno ormai superato quelle del traffico su gomma.

Dura la reazione di Pechino, che per proteggere le sue 16 compagnie (tra cui Air China, China Southern Airlines e China Eastern) che fanno scalo in Europa, ha minacciato Bruxelles di andare in tribunale e di vendicarsi imponendo tasse sulle compagnie aeree europee che arrivano in Cina. L’Associazione cinese di trasporto aereo (Cata) stima che questo costerà alle sue compagnie 84 milioni di euro l’anno, e che la cifra triplicherà entro il 2020. D’altronde anche gli Stati Uniti (insieme alla Cina, il grande assente tra i firmatari del trattato di Kyoto) avevano già deciso di intraprendere azioni legali contro la decisione di Bruxelles, con la Corte di giustizia Ue che esaminerà il caso il prossimo luglio.

Dal canto loro, i grandi paesi europei sono determinati ad andare avanti. In una lettera ufficiale alla Commissione europea, la Francia aveva lasciato intendere che avrebbe accettato di includere le proprie compagnie aeree nel sistema Ets solo se questo avrebbe riguardato tutti i voli facenti scalo in Ue, compreso quelli extracomunitari. Anche Berlino sembra essere sulla stessa lunghezza d’onda.

Ma Bruxelles sembra decisa a non farsi intimorire. La Commissaria Ue per il cambiamento climatico Connie Hedegaard ha dichiarato che “l’Europa deve andare avanti. Se gli stati e le regioni non difendono il loro legittimo diritto a legiferare, si manderebbe al mondo un segnale estremamente negativo”. “Non possiamo permetterci di aspettare altri 5 o 10 anni per raggiungere un accordo. Le emissioni del traffico aereo stanno crescendo esponenzialmente e le previsioni non fanno ben sperare”. Sulla stessa linea il Presidente della Commissione José Manuel Barroso: “Siamo sempre aperti al dialogo con i nostri partner ma non abbiamo alcune intenzione di cambiare una direttiva così importante per diminuire le emissioni e proteggere il nostro pianeta”.

Visti gli interessi in gioco e gli attori in campo, la battaglia si annuncia dura.

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