Cresce lo scambio di accuse tra Cina e Vietnam per un incidente apparentemente secondario che rischia di far salire la tensione tra i due Paesi. Secondo Pechino, giovedì alcune navi vietnamite hanno inseguito dei pescherecci cinesi che incrociavano nel Mar Cinese meridionale, nella zona contesa delle isole Spratly. La rete di uno dei pescherecci si sarebbe impigliata nei cavi di una nave vietnamita impegnata in sondaggi geologici. Il peschereccio sarebbe stato trainato per oltre un’ora prima che l’equipaggio si decidesse a tagliare le reti e a fare rotta verso la Cina.

In sé, appunto, sembra un incidente minore, di quelli che possono capitare in alto mare. Dietro però c’è una disputa complicata per la definizione dei confini marittimi e delle relative zone economiche esclusive nel Mar Cinese meridionale. Al centro della disputa, le isole Spratly, un complesso di atolli, barriere e isolotti disabitati che si estende su una superficie marina di 425 mila chilometri quadrati, una volta e mezzo l’Italia. L’arcipelago è sparpagliato tra le coste filippine, quelle del Vietnam, quelle della Malayisia e del Brunei, ma la Cina ne rivendica il possesso. L’area dell’arcipelago è ricca di pesce e le rotte che l’attraversano mettono in collegamento il Mar Cinese meridionale con gli stretti malesi e quindi con l’Oceano Indiano. Nel sottosuolo, poi, secondo le più recenti indagini – e i pochi dati ufficiali – potrebbero esserci cospicue riserve di petrolio e gas naturale di cui tutti i Paesi della regione, ma soprattutto l’industria di Pechino, hanno estremo bisogno.

Per questo, nel convoglio vietnamita, c’era una nave per esplorazioni geologiche e per questo la reazione di Pechino è stata molto dura. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Hong Lei ha detto che “conduceva indagini petrolifere illegittime e ha cacciato i pescherecci cinesi, e in questo modo ha violato gravemente la sovranità e i diritti marittimi cinesi”. Hong ha invitato il Vietnam a “interrompere immediatamente ogni violazione, senza assumere comportamenti che potrebbero complicare ed aggravare la disputa”.

La risposta vietnamita non si è fatta attendere. Nguyen Phuong Nga, portavoce del ministero degli Esteri, ha spiegato che la nave per esplorazioni geologiche appartiene all’azienda petrolifera di stato PetroVietnam e che operava all’interno delle 200 miglia nautiche della Zona Economica Esclusiva vietnamita. Il Mar Cinese meridionale, come altri bacini “mediterranei” è un rompicapo dal punto di vista dei confini, perché l’estensione delle 200 miglia nautiche di ZEE, secondo il punto di misura, rischia di creare delle zone sovrapposte. Secondo Phuong Nga, la Cina avrebbe deliberatamente creato un incidente, come risposta alle proteste anti-cinesi avvenute in Vietnam nei giorni scorsi, dopo una serie di attacchi hacker, apparentemente partiti dalla Cina, verso siti governativi vietnamiti.

Cina e Vietnam non sono gli unici due contendenti. All’inizio di marzo, una nave filippina impegnata in ricerche petrolifere è stata bloccata e respinta da alcuni pattugliatori cinesi, provocando le dure proteste del governo di Manila. Secondo la Cina, nessun Paese dovrebbe impegnarsi in esplorazioni energetiche prima che le dispute territoriali siano risolte. Pechino, però, sta cercando da anni di chiudere trattati bilaterali con ciascuno degli altri pretendenti, che invece, a partire da Indonesia, Vietnam e Filippine, vorrebbero arrivare a un trattato multilaterale complessivo, in modo da avere più forza contrattuale rispetto al colosso cinese.

di Joseph Zarlingo – Lettera22

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