Nella discussione sul nucleare si fa molto spesso riferimento al futuro, a quello che sarà, piuttosto che analizzare quello che è accaduto. Le centrali della prossima generazione saranno più sicure di quelle attuali? Può darsi, il problema, come sempre in queste faccende è la credibilità di chi fa certe affermazioni perché quasi nessuno è in grado di capire tecnicamente in che senso la sicurezza sarà aumentata. E la credibilità si può stabilire leggendo le varie posizioni di chi è pro e chi è contro il nucleare, su cosa sia successo ad esempio  nel caso di Chernobyl.

Secondo il rapporto ufficiale di Chernobyl, firmato dall’Oms (l’Organizzazione Mondiale della salute) e dall’Aiea (l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica) e pubblicato il 5 settembre 2005, risulterebbero una cinquantina di morti, 400 irradiati e 4.000 decessi potenziali per cancro.  Secondo tanti altri osservatori, questo bilancio non tiene in nessun conto lo stato di salute dei bambini, malati all’80 % nelle zone contaminate, e vuole ignorare la sorte di un numero che va da 600 mila a un milione di liquidatori che hanno sacrificato la loro vita per spegnere il reattore nucleare in fiamme e per decontaminare i territori. Per esempio, recentemente l’Accademia delle Scienze di New York ha pubblicato nei suoi Annali uno studio molto completo che sintetizza circa 5.000 articoli e ricerche nei territori di Chernobyl. Gli autori stimano in 985 mila il numero dei decessi sopraggiunti a causa del disastro di Chernobyl tra il 1986 e il 2001.

Tempo fa a Parigi ho visto due documentari sul disastro nucleare di Chernobyl realizzati da Wladimir Tchertkoff, un giornalista d’origine russa che lavora per la televisione Svizzera italiana, ed Emanuela Andreoli. Il primo, è intitolato Il Sacrificio.

Questo racconta la storia dei liquidatori, che sono stati lanciati contro il reattore in fiamme di Chernobyl per spegnere l’incendio, ricoprire le rovine del reattore n°4 esploso con un sarcofago improvvisato in condizioni di radioattività terrificante e per cancellare le conseguenze della catastrofe dovunque: alla centrale, nei villaggi, sulle strade, nei campi. Hanno combattuto i radionuclidi a mani nude, con pale e getti d’acqua. Decine di migliaia sono morti e continuano a morire.

Nel secondo, Bugie nucleari, emerge l’esistenza di un conflitto di interessi tra due Agenzie delle Nazioni Unite direttamente responsabili della gestione delle conseguenze della catastrofe per la salute delle popolazioni contaminate. Secondo Tchertkoff, un accordo firmato nel 1959 tra l’Oms e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica impedisce all’Oms di agire liberamente nel campo nucleare, se non ha l’assenso dell’Aiea.

Composta da fisici e non da medici, quest’ultima ha come obiettivo principale è la promozione delle centrali nucleari nel mondo, ed è la sola Agenzia che dipende direttamente dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Essa impone il suo diktat all’Oms, il cui scopo, espresso nel Capitolo I della sua Costituzione, è di “condurre tutti i popoli al livello di salute più alto possibile”. L’Oms è teoricamente garante della salute delle popolazioni nel mondo e ha autorità presso gli Stati membri ma non può agire in virtù di questo accordo. Dal 26 aprile 2007, ogni giorno lavorativo dalle 8 alle 18, una, due o tre  attivisti, le cosiddette sentinelle, vigilano davanti alla sede dell’Oms, a Ginevra, per chiedere l’indipendenza dell’Oms. Questa azione internazionale è sostenuta da una larga coalizione di Ong che vogliono la verità sugli effetti della contaminazione radioattiva provocata dall’attività dell’industria nucleare civile e militare.

Ci sono ovviamente altri motivi tecnici per essere contro il nucleare (vedi ad esempio qui) ma trovo che non sia ammissibile che su un tema così delicato ci sia, già a livello mondiale, un conflitto di interessi tra controllori e controllati, tra autorità che devono garantire il bene comune e autorità che hanno interessi di altra natura: figuriamoci cosa può succedere in un paese dove l’assuefazione ai conflitti d’interessi è diventata, purtroppo, la regola.

Per chi avesse ancora qualche dubbio, suggerisco la visione dei due documentari: io voto Sì.

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