Due anni fa una coppia di coniugi marchigiani comprò casa a Marsala, vicino a Trapani, per trascorrervi le vacanze estive. Nessuna apparente notizia. Ogni tanto capita che i “forestieri” eleggano la Sicilia a stabile meta di ferie. Quella coppia però scelse Marsala come dimora estiva soltanto dopo essere venuta ad assistere alla prima edizione del Festival del Giornalismo d’inchiesta “A Chiarelettere”. “Anche qui da voi ogni tanto ci sono degli eventi di grande livello”, commentarono l’anno scorso riferendosi all’evento organizzato dalla casa editrice di Lorenzo Fazio e dall’agenzia Communico. Basterebbe il loro commento per far capire la straordinaria valenza del festival marsalese sulla realtà siciliana.

Si potrebbe dire che i tre giorni di Marsala hanno alzato incredibilmente il livello medio di cultura in tutta l’isola. In effetti in quei tre giorni era difficile credere di trovarsi nella stessa provincia che è tra le ultime per qualità della vita, occasioni di lavoro, eventi culturali e denuncia del racket. L’anno scorso la città lilibetana si era infatti trasformata, magicamente, in capitale del giornalismo nazionale. Non giornalismo inginocchiato, appiattito sui comunicati stampa e – alla fine dei giochi – sempre servo di qualche padrone. Ma anzi giornalismo d’inchiesta, che, sebbene venga dato quasi per svanito dal panorama nazionale, dimostra ancora di piacere tanto alla gente. Dopo due splendide edizioni, però, del Festival del Giornalismo d’inchiesta non si ha notizia alcuna.

“Quest’anno il mese di maggio è trascorso invano…  del Festival nemmeno l’ombra”, scrivono oggi alcuni supporter dell’evento culturale a testimoniare come il Festival piacesse tanto anche agli autoctoni cittadini. Ma il Comune di Marsala, principale sostenitore dell’evento, dovendo fare dei tagli ha preferito cominciare con la cultura. Per adesso, quindi, risulta annullata l’unica manifestazione che aveva portato la città su tutti i titoli dei Tg, offrendole più di un motivo per essere visitata. “Quel Festival appaga la mente di molti – continuano gli autori della lettera – che sentono il bisogno di dibattere e confrontarsi con professionalità differenti, impegnate sul fronte della lotta a tutte le forme di illegalità quali mafia, corruzione, collusione, scetticismo la cui forza è nel silenzio”. E’ questo quello che fanno i cosiddetti rappresentanti del popolo tagliando i fondi su manifestazioni come questa: ammazzano il talento e il futuro.

La Sicilia è una terra che vive di segnali. Il Festival del Giornalismo rappresentava uno di quei segnali che in prospettiva poteva avere effetti straordinari. Soprattutto se pensiamo a quanti giovani si adoperavano ogni anno con passione massima per la buona riuscita dell’evento. Ammazzare il Festival equivale quindi a dare un segnale di valore completamente opposto: dalla speranza del cambiamento alla resa totale.

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