L’alleanza tra Lega e Pdl “è rafforzata, la maggioranza è solida” e lo sarà “fino al 2013”. E’ affidato al segretario politico Angelino Alfano il compito di comunicare l’esito del vertice ad Arcore tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi. Ma è solo facciata. O, per dirla con il Senatùr, sono “le solite parole”. Il leader del Carroccio si è così sfogato in serata riunendo i suoi in via Bellerio per certificare il fallimento del tavolo con il leader del Pdl. Non solo un nulla di fatto, dunque. Ma l’ulteriore conferma che per la Lega l’alleato può provocare soltanto ulteriori problemi. In particolare con la base, che ha già colpito duro nelle urne e aspetta il 19 giugno per la resa dei conti a Pontida. Così Bossi è dovuto uscire allo scoperto cn Berlusconi, esprimendo chiaramente la volontà di andare alle urne il prima possibile. Ma per Alfano va tutto bene. “La maggioranza – ha garantito l’ex guardasigilli a metà pomeriggio lasciando Arcore – è in grado di dare stabilità e portare avanti le riforme”. Come previsto, dunque, ufficialmente l’asse della maggioranza rimane saldo. In serata anche il premier racconta di un “vertice andato bene”, durante il quale “non si è parlato del candidato nel 2013” ma piuttosto del fisco, ha detto il Cavaliere annunciando che “il taglio delle tasse” e “la riforma fiscale sono programmate, poi vediamo cosa si può fare”. Rispunta anche il progetto degli uffici ministeriali al Nord. Si tratta di uffici di rappresentanza  pur se “altamente operativi”. Ma si vedrà. Tutto è rimandato.

E’ la nuova formula del premier: “Fisco? L’intenzione di ridurre le tasse c’è – dice –  ma bisognerà vedere se le condizioni lo consentiranno”. Temporeggiare, dunque. Almeno fino a dopo il referendum. Perché in via Bellerio la speranza è quella di veder passare il quesito sul legittimo impedimento così da usarlo come una seconda sberla al premier, dopo le amministrative. Una sorta di colpo di grazia da parte degli elettori di fronte al quale il Cavaliere, secondo i leghisti, sarebbe costretto a cedere il passo. Insomma Bossi non vuole arrivare a staccare la spina in modo plateale, preferisce tentare di convincere Berlusconi a un passo indietro. Ma più passa il tempo e più si convince che sia impossibile che accada. Non a caso si è detto pronto al voto anticipato nel 2012. Ma in tutta risposta ha ricevuto rassicurazioni che il governo è stabile, la maggioranza c’è e la legislatura può arrivare fino alla scadenza naturale del 2013.

Il leader leghista, dopo la sberla del ballottaggio, non si accontenta delle rassicurazioni. Sperava in un incontro chiarificatore, in una presa di coscienza da parte dell’alleato e, magari, un suo passo indietro. Nulla di tutto questo. Il senatùr si è presentato ad Arcore invocando la garanzia che il premier rinunci a candidarsi alle prossime politiche, pretendendo il trasferimento di almeno un ministero a Milano nel più breve tempo possibile, chiedendo la poltrona di Guardasigilli per il Carroccio e si aspetta un’apertura su fisco e alleanze. Con questo menu il leader leghista si è presentato a villa San Martino con tre ore di ritardo, accompagnato dal ministro Roberto Calderoli, il capogruppo dei deputati della Lega Nord alla Camera Marco Reguzzoni, la mente economica della Lega Giancarlo Giorgetti e il figlio del senatur, Renzo Bossi. Lo stato maggiore del Carroccio è arrivato poco prima delle quattordici. Ad accoglierli, insieme al Presidente del Consiglio, hanno trovato Alfano, l’avvocato del premier, Niccolò Ghedini, e Aldo Brancher. L’ex ministro, condannato a due anni per appropriazione indebita e ricettazione , è stato tra i primi a raggiungere la residenza del premier ed è rimasto anche dopo il termine dell’incontro tra Berlusconi e Bossi.

“Abbiamo ulteriormente ricordato come questa sia la coalizione in grado di assicurare all’Italia governi che durano cinque anni e che sono in grado di assicurare una stagione di riforme, a differenza della sinistra”, ha sintetizzato Alfano. “Non c’è una verifica a cui siamo sottoposti nel rapporto tra Pdl e Lega”. Gli “amici leghisti” hanno lasciato Arcore per raggiungere il quartier generale in via Bellerio, senza rilasciare alcun commento. Dal punto di vista del Carroccio, al momento, la giornata rimane “calda”, così come aveva annunciato stamani Gianni Letta.  Aprendo i lavori di un convegno, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha detto, scusandosi: “Dovrò uscire un pò prima”, e ha aggiunto con una battuta: “Come avrete letto sui giornali, la giornata si preannuncia calda non solo dal punto di vista metereologico”.

Toccherà ora alla Lega decidere cosa fare. E i nodi saranno sciolti solo dopo il risultato del referendum e soprattutto dopo Pontida, domenica 19 giugno, quando Bossi capirà a pieno il polso della base. Ma è chiaro che il clima non sia così disteso come lo ha descritto Alfano. Non per il Carroccio, almeno, che si è riunito in via Bellerio.  Qui con Bossi e Calderoli, anche il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota, il segretario nazionale Giorgetti e il figlio di Umberto, Renzo Bossi. Il Capo è furioso. E al Pdl il messaggio è arrivato forte e chiaro. Il silenzio in cui si è trincerato il partito del Dio Po è più chiaro di ogni dichiarazione ufficiale.  Qualcuno sospetta un gioco delle parti tra Tremonti e Bossi per mettere nell’angolo Berlusconi e spingerlo a farsi da parte. Evidentemente l’unica idea concreta emersa durante l’incontro, quella di trasferire al Nord degli uffici di rappresentanza di alcuni ministeri, pur se “altamente operativi”, non accontenta il Carroccio. Altre volte, al termine di vertici che avevano confermato l’asse fra i due, era sempre stato Bossi a rassicurare pubblicamente sulla tenuta dell’alleanza con il Cavaliere. Stavolta, invece, il leader leghista tace. Ed è un silenzio che preoccupa non poco il Pdl. L’impressione è che tutto sia stato rinviato, in attesa della verifica parlamentare chiesta dal Quirinale, dei referendum, ma soprattutto di maggiori dettagli sulla manovra da 40 miliardi allo studio per tendere al pareggio di bilancio da qui al 2014. Manovra che il Tesoro vorrebbe spalmare in due tranche da 5 miliardi ed una, pesantissima, da 30.

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