Ogni qual volta fate un ragionamento logico, poi basta rovesciarlo e alè, ecco il risultato vincente.

Oggi si annuncia il passaggio di almeno due big della televisione pubblica a La7, preannunciando il più volte ipotizzato acquisto di Telecom Italia Media da parte dell’ingegner De Benedetti, magari con i soldi che Berlusconi gli dovrebbe dare secondo la sentenza Cir, 750 milioni di euro. Nell’opinione pubblica mi sembra prevalga l’idea “la Rai censura gli eroi dell’informazione, non è libera, dunque fanno bene tutti ad andarsene lì dove c’è libertà editoriale”.

Niente di più sbagliato, a mio modesto parere.

Michele Santoro ha mosso i suoi primi vagiti alla Rai, diventando il maestro indiscusso del teatro televisivo più visto d’Italia, capace di mettere in scena come nessun altro le passioni politiche e i movimenti sociali. Milena Gabanelli ha imparato in Rai a fare inchieste, mattone per mattone, grazie all’investimento fatto da un’azienda pubblica che l’ha lasciata crescere anno dopo anno fino a diventare il punto di riferimento italiano per chiunque voglia realizzare un’inchiesta. Giovanni Floris, più giovane, ha cominciato il suo talk politico in Rai dieci anni fa, era un brillante giornalista che nella prima edizione faticava nel gestire un parterre infuocato, ed ora è arrivato al più alto compromesso televisivo possibile tra litigi e espressione delle idee in diretta. Fabio Fazio, dopo aver intascato la liquidazione miliardaria di La7 nel 2001, quando Telecom passò da una cordata di centrosinistra a una cordata di centrodestra, ha ricominciato da zero dopo qualche anno in Rai, costruendo onestamente un nuovo modo di fare una televisione non urlata, dove artisti, intellettuali, imprenditori e addirittura politici riescono a spiegare la loro versione del mondo, con calma e tutto il tempo che vogliono a disposizione.

Ecco, tutto ciò ha fatto crescere il loro valore, e l’abbiamo pagato noi cittadini, perché la Rai è pubblica non solo per il suo aspetto economico, ma anche perché rappresenta il valore emblematico di una politica culturale condivisa.

La televisione pubblica ha investito su questi eroi dell’informazione, ed ora che rappresentano gioielli di grande valore economico, passeranno al privato, e ciò consentirà a loro e ai loro produttori ampi guadagni. Eh, sì perché i privati non dovranno sperimentare alcunché. Hanno in mano prodotti-bomba che farebbero gola a qualsiasi investitore pubblicitario. Come quando tutti noi spendiamo miliardi per la realizzazione dell’alta velocità e poi cediamo ai privati allegramente il diritto di farci profitti. E’ il mercato, dirà qualcuno. Eh, no! E’ un mercato falsato.

Logica vorrebbe che i privati più piccoli (perché nonostante il boom, La7 rimane la televisione privata  generalista più piccola tra le sette) investissero, scoprissero talenti, facessero crescere prodotti innovativi, e a quel punto i canali maggiori, forti di grandi budget, li comprassero e li diffondessero a un pubblico più vasto. E invece avviene il contrario, come se fossimo in un semplice calciomercato che compra i talenti, come se cadessero dal banano.

Logica vorrebbe che i magnifici 4 (Fazio, Floris, Gabanelli, Santoro) piuttosto che su La7, se proprio devono cambiare rete, finissero su Rai 1. Diventassero direttori di rete o di telegiornali. Avessero carta bianca nel lanciare nuovi programmi affidandoli ai loro migliori delfini. E così via. Ma siccome questa sarebbe le giusta logica politica e di mercato, non succederà.

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